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lunedì 28 dicembre 2020

IL TEATRO DI VARIETA' "LO CHALET"

Di Renato Marchese


Nel 1898, il Consiglio Comunale di Formia delibera la costruzione di un Teatro da utilizzare per spettacoli di varietà e riunioni culturali. Ultimato nel 1900, il teatro venne inaugurato con il nome "Lo Chalet" per via della sua somiglianza architettonica allo stile Liberty. L'edificio, costruito dall'imprenditore Gaetano Grasso, era dotato di 250 posti a sedere in platea oltre alcuni palchetti posizionati sui lati della sala. Uno splendido sipario finemente dipinto a mano separava la sala dal palco. La pavimentazione in parquet e una serie di camerini posizionati nella parte sottostante al palcoscenico completavano l'opera. 

Lo Chalet aveva un'orchestrina propria che si esibiva dal vivo in tutte le rappresentazioni teatrali ed era così composta: Bianca Vanocore al pianoforte, Pasquale Matteis primo violino, Umberto Paolino secondo violino, Angelo Franzini tromba, Sturnino Satirio contrabbasso e Salvatore Lombardi batteria. Bianca Vanocore e Pasquale Matteis, coniugi e genitori del dr Giovanni Matteis (Ninì) già sindaco di Formia, avevano l'onere di preparare le musiche e coordinare l'orchestra. 

Nelle foto due vedute del teatro, una grande tela che occupava il fondo della scena sul palco ed alcuni elementi dell'orchestra, da sinistra: Bianca Vanocore, Umberto Paoline e Angelo Franzini.




giovedì 24 dicembre 2020

FORMIA  CITTA'  D'ACQUA

di Renato Marchese

Per una città l'acqua è stata da sempre una delle risorse più importanti, e l'antica Formiae era famosa per la sua grande disponibilità di sorgenti, fontane pubbliche, terme, cisterne,  ed altre strutture simili. 

Alcuni anni addietro vennero rinvenute una lapide e alcune basi nelle quali è citata la presenza in loco di un "curator aquarum", cioè "curatore delle acque", tale Lucio Varronio Capitone a cui era affidata la cura delle acque della città. 

Il curator aquarum, in epoca romana era un personaggio di rilevante importanza, scelto tra i senatori o consoli, a lui spettava la gestione ed il controllo di tutta la rete idrica della città. 

Formia era ricchissima di acqua e probabilmente riforniva tutto il "Sinus Formianus", che si estendeva dalla punta di Gaeta fino a Scauri.

Nel 1930 così scrive il podestà di Formia Felice Tonetti, dopo la scoperta di una "conserva d'acqua" a Castellone:  

" (...) Lo dimostrano le proporzioni di un acquedotto certamente romano, che forse ne conduceva le acque alla conserva oggi scoperta, e quelle di un acquedotto borbonico, che la adduceva alla cisterna sottostante la piazza S. Teresa, per uso del popolo e della caserma per la cavalleria ivi stanziata (...)".

La cisterna borbonica, probabilmente costruita sopra resti di epoca romana, si divide in due campate comunicanti per un totale di circa 250 metri quadrati, con un'altezza alla sommità delle volte di circa 4 metri, la cui capienza è di circa 900 metri cubi.

Nelle immagini la cisterna come si presenta oggi.





venerdì 11 dicembre 2020

UNA GOUACHE DI MOLA

di Renato Marchese


Johann Christian Peter Arkenhausen (1784 – 1855) è l’autore di questa bellissima gouache dipinta nell’anno 1820. Arkhenausen fu uno straordinario miniaturista specializzato nella pittura botanica che realizzava su pergamena e su carta. Per le sue opere utilizzò svariate tecniche, dall'acquerello alla tempera e alla gouache che è una miscela a base di acqua e gomma arabica con l'aggiunta di finissime polveri colorate (sali d'argento per il bianco, sali di cromo per il giallo, di piombo per il rosso, di rame per il verde, ecc). La gouache di Mola è un’opera importante, forse una delle poche “vedute” realizzate da Arkhenausen, poiché la sue rappresentazioni erano prevalentemente orientate alla pittura botanica. Non si hanno notizie di un suo “Grand Tour” in Italia e tantomeno nel basso Lazio, quindi è molto probabile, che per la realizzazione di questa gouache, si sia ispirato ad una incisione all'acquaforte edita a Francoforte nel 1688 da Matteo Merian, la cui rappresentazione grafica é simile. 




venerdì 4 dicembre 2020

L'ALBERGO CAPUCILLA DI FORMIA IN UN DIPINTO DI JORGEN VALENTIN SONNE

di Renato Marchese

 

Jorgen Valentin Sonne, (Birkeröd 1801 - Copenaghen 1890), pittore danese di grande talento, si formò artisticamente a Copenaghen e a Monaco di Baviera. Nel 1831 si trasferì a Roma dove soggiornò per dieci anni. Nel suo lungo periodo di residenza in Italia, Sonne viaggiò molto fermandosi qualche giorno anche a Formia, dove dipinse alcune opere, tra cui una bella scena di vita quotidiana nel cortile all'interno dell'albergo Capucilla.
Lo scrittore francese Jean Claude Fulchiron (1774 - 1859), nel suo volume "Voyage dans l'Italie méridionale " in tre volumi, edito a Parigi nel 1841, così descrive l'albergo riprodotto nel dipinto di Sonne: 

“(…) Una delle locande della città merita una sosta o quantomeno una visita: è quella di Capucilla. Dai suoi balconi si apre la spiaggia splendente dove sostano i pescatori poiché, purtroppo, Mola è priva di un porto, più lontano si sviluppa il golfo, a sinistra si osservano le isole di Ischia e Procida, a destra la montagna di Gaeta e la città dello stesso nome, posta ai suoi piedi, vicino all’isola che si allunga nel mare, città famosa per i diversi assedi che a sostenuto con gloria. Qui rami carichi di arance si sposano ai melograni, ai mirtilli, ai rosai del Bengala; sempre fiori sotto il cielo napoletano; e ancora ai trilli alti e sostenuti da eleganti colonne. Verso la fine di ottobre tutta questa vegetazione ha ancora la forza e la vigoria del tempo migliore dellestate ()"


Nell'immagine il dipinto di Sonne dove si intravede, dall'arco d'ingresso al cortile, la torre di Mola.



giovedì 3 dicembre 2020

UN ARTISTA RISCOPERTO NELLE ILLUSTRAZIONI DI FORMIA DELL’OTTOCENTO

di Salvatore Ciccone


Nello studio degli aspetti urbanistici e monumentali succedutesi nel tempo sul territorio di Formia sono di grande ausilio le numerose stampe e disegni a cominciare dal Cinquecento. Nella loro valutazione documentale non è di minore considerazione la paternità delle opere e la loro diffusione, dove sono acquisibili valori e prove di attendibilità.

Un esempio è offerto da una raffigurazione che appare nell’annata 1860 del giornale parigino “L’Illustration”, riguardante una veduta del Golfo di Gaeta da un sito privilegiato dai colti viaggiatori dell’Ottocento, quello presso cinquecentesco Ponte di Rialto sulla via Appia, all’ingresso occidentale della città allora Castellone e Mola di Gaeta; suggestiva quanto puntuale nella vegetazione e documentata in ben più recenti cartoline d’epoca. Nella stampa, a sinistra, l’unico elemento di risalto architettonico è la terrazza appartenente alla settecentesca Villa Patrizi, poi passata alla famiglia D’Arezzo che nel primo Ottocento la trasformò in “Albergo Cicerone”. Il fabbricato posto sul limite della via, circa antistante l’incrocio con via Olivetani, fu distrutto nell’ultimo conflitto: il giardino si estendeva con un lungo viale concluso alto sull’attuale Porto Caposele, fin quando negli anni 1950 fu interrotto dalla via litoranea e da via Felice Tonetti.

Confinava ad oriente la cinquecentesca Villa Caposele, titolo del principe Carlo Ligny figlio del duca di Marzano della famiglia Laudato, il quale poi la adattò ad albergo di lusso poco prima dell’altro nello stesso periodo, fintanto che non fu acquisita da Ferdinando II di Borbone re delle Due Sicilie come sua residenza di piacere, quindi per poco posseduta dal figlio Francesco II. Risulta pertanto inesatta l’identificazione della stampa conferita dal titolo “Vue de Gaete, residence du Roi de Naples François II”, occorsa per la cronaca dell’assedio e conseguente caduta dei Borboni.

Di questa illustrazione se ne conosce un’altra edizione acquerellata a mano, a corredo di un libro svedese della metà dell’Ottocento al momento ignoto, come indica l’idioma della didascalia “Utsigt af Gaeta.”. Entrambe le stampe, ritenute di autore ignoto, corrispondono in dimensione e in ogni minimo dettaglio, prodotte senza dubbio dalla medesima lastra verosimilmente di acciaio. Tuttavia solo nella stampa francese nell’angolo in basso a sinistra, mimetizzate nell’erba compaiono le iniziali convenientemente appaiate W F corrispondenti a Franz Wenzel, napoletano naturalizzato la cui presenza nella capitale partenopea è documentata tra il 1823 e il 1866.

Invece nel calco acquarellato si osserva come i solchi delle iniziali dell’autore siano stati occlusi sulla lastra, evidentemente acquistata dall’editore svedese: uno dei tanti casi di abuso in campo artistico ed editoriale e che rappresenta una ulteriore prova della effettività della sigla e specificità dell’autore. 

Wenzel fu apprezzato artista “posillipista”, collaboratore tra gli altri con Giacinto Gigante alle illustrazioni del Viaggio pittorico nel Regno delle Due Siciliedi Raffaele Liberatore e stampato da Cuciniello e Bianchi in Napoli nel 1830-33; nel 1835 inizia le litografie dei disegni del Gigante per gli Esquisses pittoresque et descriptives de la ville et des environs de Naplesdi Elisa Liberatore. Dall’Almanacco Realedel 1857 si sa che dirigeva la sezione litografica della Real Stamperia Napoletana. Per questo la sua origine supposta tedesca è forse più austriaca e probabilmente viennese e va ricercata nella fondazione della stessa Stamperia Reale voluta da re Carlo III, che di quella nazione aveva sposato Maria Amalia di Walburg e nella quale officina vennero installati i torchi della medesima provenienza.

La veduta del Golfo di Gaeta siglata con le iniziali riconducibili a Franz Wenzel è tanto più rimarchevole perché dell’autore si conosce un’altra raffigurazione di Formia, questa volta dell’opposto guado orientale non meno considerato del Ponte di Mola sul Rio Fresco: Il suo disegno è specificato sul bordo inferiore sinistro della litografia di Cuciniello e Bianchi, invece indicati sul bordo a destra. La veduta inquadra il ponte connesso alle estreme case del borgo di Mola con lo sfondo del promontorio di Gaeta, con in primo piano la nota bucolica di un pastore intento a suonare uno zufolo.

In queste pagine si è già commentata un’altra stampa erroneamente attribuita a questo sito da un altro giornale francese, “Le Monde Illustré” del 1861, raffigurante l’ingresso delle truppe piemontesi a Mola, così ulteriormente ripresa da Carlo Perrin nello Album storico-artistico della Guerra d’Italia 1860-61ed edita a Torino nel 1866, in realtà confusa con la più probabile “Palma di Nola”, oggi Palma Campania. 

In questa situazione intricata di attribuzioni di autori e di luoghi, oltre che di mistificazioni, tornando alla litografia del Ponte di Mola su disegno di Wenzel, pubblicata non oltre il 1833, essa è in tutto simile a quella nell’opera di Attilio Zuccagni Orlandini “Corografia Storica e Statistica dell’Italia….” Edita a Firenze nel 1835, ma tacendo sull’autore mentre è indicato l’incisore in Leonardo De Vegni; ancora si ritrova in tutto simile, ma litografata a colori e di ridotte dimensioni, nel volume “Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato…” edito in Napoli da Filippo Cirelli in Napoli tra il 1852 e il 1859, dove sul bordo inferiore si dice tratta da un dipinto di Rudolph Muller mentre a destra è specificata l’incisione di Leale.

Dunque, nella sequenza temporale, sembrerebbe che l’origine dell’immagine sia da attribuire al Wenzel, poi resa anonima nello Zuccagni Orlandini, e quindi ricomparsa come dipinto di Muller, pittore vissuto tra il 1802 e il 1885, per il quale dipinto si deve essere servito di una delle due precedenti versioni e che il Cirelli ne ha privilegiato l’autore. 

La mano di Wenzel in due illustrazioni di Formia, induce a ricercare altre sue eventuali opere nel ricco repertorio incisorio della città. Una stampa risalta nell’originalità del soggetto, apparsa sul giornale tedesco “Frankfurter Zeitung” nella medesima circostanza della caduta dei Borboni con il titolo qui così tradotto: “Mola di Gaeta. Secondo un disegno di Arthur Blasdjnich”. È una veduta dalla parte alta dell’abitato sulla via Appia rivolta verso oriente e prossima alla chiesa del Carmine, dove si scorgono i noti cipressi dell’ingresso di Villa Caposele: in primo piano una terrazza percorsa da varie persone in ricercati abiti civili, allusione al luogo frequentato dai più ricchi viaggiatori del vicino Albergo Cicerone. Il disegno di Blasdjnich del 1853, a matita e biacca, è stato pure trovato ed è ora di proprietà di un collezionista formiano, fatto entusiasmante e che rende completezza nei riscontri della ricerca.

In questo caso l’autore è decisamente esplicitato nella didascalia del giornale e pertanto l’incisore non ha apposto una sua sigla sulla lastra, ma è indubbiamente il Wenzel per l’inconfondibile tratto e per aver animato con tanti personaggi non presenti nel disegno originale, il tutto confrontabile con la sua veduta dal Ponte di Rialto.

Al valore documentario di queste rappresentazioni si è ora aggiunta la conoscenza degli autori, quasi un atto di gratitudine per avercele consegnate, che ne aumenta il contenuto emozionale e a suscitare una maggiore ponderazione. Infatti gli studi di qualsiasi natura non avrebbero significato se non aprissero la mente a più vaste e profonde dimensioni interiori, a superare i muri dello spazio e del tempo: una opportunità che proprio nelle supreme incertezze dei tristi avvenimenti attuali può offrirci la capacità per meglio orientarci a superarli. 

 

Immagini: 

- Incisione della veduta dal Ponte di Rialto pubblicata su “L’Illustration”: in basso a sinistra tra l’erba le iniziali W F di Franz Wenzel.

– Incisione acquarellata a mano dalla medesima lastra pubblicata su un libro svedese: le iniziali W F nella posizione della stampa precedente risultano cancellate.

- Due cartoline d’epoca con la medesima veduta incisa dal Wenzel e l’edificio della settecentesca Villa Patrizi dal Ponte di Rialto.

– Il Ponte di Mola nell’incisione pubblicata da Cuciniello e Bianchi nel 1833: sul bordo in basso a sinistra se ne indica il disegno di Franz Wenzel.

– Il Ponte di Mola nell’incisione pubblicata da Zuccagni Orlandini nel 1835 tacendo l’autore.

– Il Ponte di Mola nella litografia a colori pubblicata da Filippo Cirelli negli anni 1850: sul bordo in basso a sinistra si indica originata da un dipinto di Rudolph Muller.

– Veduta dell’abitato di Mola e Castellone dalla parte prossima alla Villa Caposele apparsa negli anni 1860 sul “Frankfurter Zeitung” dichiarata su disegno di Arthur Blaschnik ma confrontabile nell’incisione con la prossima veduta di Franz Wenzel.