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lunedì 25 aprile 2022

LA VILLA COMUNALE “UMBERTO I”: dal passato una attesa per suo recupero - Di Salvatore Ciccone
La Villa Comunale di Formia, insieme alla Piazza della Vittoria, appaiono nel budello congestionato di via Vitruvio come unici punti di unione con l’orizzonte marino. In realtà le più antiche immagini mostrano la Villa come porzione attrezzata di un ben più vasto ambito alberato per lo più ad agrumi, una colata verde contesa solo dalle azzurrine acque del Golfo. Le sue origini rimontano all'apertura del primo tronco di via Vitruvio, tra il Palazzo Municipale e la Spiaggia di Mola, avvenuta nel decennio 1880, ma già progettata dai Borboni. La nuova arteria "litoranea" sostituiva il tratto interno della via Appia, particolarmente angusto a Caposelice, come iniziale asse civico di saldatura tra i due rioni di Castellone e Mola. Nella cultura urbanistica di allora il giardino pubblico era uno degli elementi del disegno cittadino, di decoro e di valorizzazione della via e delle aree edificabili attuati anche con una originaria alberatura posta sul ciglio di questo tratto stradale, poi soppressa. Il posizionamento della Villa fu evidentemente suggerito dalle qualità panoramiche del sito, proteso com'era nel mare a guardare da un lato la Spiaggia di Mola, dall'altro quella di Sarinola, attuale radice del molo Vespucci. La situazione originaria è documentata dall'artista erudito Pasquale Mattej, in diversi disegni del 1840 circa e nel manoscritto "L'Ausonia" (1866-69) presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma. Nelle sue vedute si osserva come il belvedere faceva parte di una successione di orti che con i loro muri di ritenuta e di protezione dal vento salmastro disegnavano nel mare una successione di riseghe. Nel manoscritto (ove si trattano specificatamente i ruderi romani), si apprende che questo tratto di costa così conformato aveva il nome di "Piajale", che lo studioso pone in relazione alle prossime spiagge, dal latino volgare "piaja". Più problematica è la denominazione di Sarinola, “ad Salinolas” che compare in un documento del “Codex Diplomaticus Cajetanus” dell'anno 831: "alle piccole saline" farebbe pensare alla peschiera romana antistante la Villa, forse adibite ad un nuovo uso nel Medioevo oppure ad un più antico impianto legato alla salagione del pesce. Gran parte del Piajale era di proprietà della famiglia gaetana dei Gattola, alla quale era rimasta l'area successivamente nominata dall’ex ristorante "La Quercia". I rilievi e le note archeologiche del Mattej, pur non contemplando il chiaro disegno delle peschiere, documentano le sale a volta e le soprastanti parti scomparse o alterate con l'impianto del giardino. In sostanza il complesso delle strutture voltate su cui è sospeso il fronte della Villa, costituivano un ampliamento della costa naturale rocciosa a supporto del piano residenziale di una villa romana. Gli ambienti sotterranei appaiono in pianta distinti in due zone, ad oriente costituiti da stretti locali distribuiti ortogonalmente su di un lungo corridoio il quale li collega ad occidente ad un ambito con volte sostenute da pilastri quadrangolari. Sul fronte esterno il Mattej documenta i pilastri quadrati di un portico con interposti gradini che scendevano alle banchine della peschiera; l'ingresso da parte di terra era invece assicurato ad oriente da un passaggio immesso nella costruzione, parallelo alla recente rampa esterna. Sul piano superiore del criptoportico vi era un casolare dal quale si scendeva ai sottoposti locali con una scala interna ancora visibile; nell’orto affioravano muri con vario andamento creduti dal Mattej aiuole di un giardino pensile, ma verosimilmente i resti di stanze di abitazione. Nei rilievi recenti, le strutture orientali attualmente visibili hanno un paramento in opus incertum; i locali erano illuminati da feritoie poste in alto sul fronte sud e intercomunicanti con coppie di finestrelle come ventilazione e passavoce. Nel cantone interno occidentale si notano altre strutture di uguale cortina con intervento successivo in opus reticulatum pertinente, pare, al sostegno di una scala per il piano superiore, relativa alla parte coperta su pilastri e all’aggiunto portico voltato sul fronte sud corrispondente alla estensione della peschiera. Il fabbricato quindi in una prima fase era limitato ai locali paralleli, poi ampliato con la parte pilastrata e il portico contestualmente alla peschiera; la datazione del complesso si attesta tra la fine del II al I secolo a.C., inizialmente con i primi locali adeguati al deposito di anfore vinarie commerciate via mare quale rendita della villa. Sull'anno di fondazione del giardino pubblico non si hanno dati sicuri. Il giardino compare disegnato nel tracciato in una planimetria del progetto di una nuova darsena commissionato dal Comune nel 1893 e dove è chiamato "Villa Cicerone". In realtà l'intitolazione al grande oratore non ha alcun argomento di attribuzione dei sottostanti ruderi che al più possono averla ispirata; sarà stata piuttosto una dedica per aumentare il prestigio dell'opera così come fu fatto per la nuova via in onore di Marco Vitruvio Pollione, architetto e trattatista dell’età di Cesare e Augusto, molto probabilmente nativo di Formia. Poche sono le cartoline che riportano il nome di Villa Cicerone, poiché venne presto reintitolata al re Umberto I, assassinato nel 1900, con l'erezione del monumento ancora esistente: è una colonna con fusto di granito culminata dal bronzo a mezzo busto del monarca, sul cui piedistallo restano i fori per le lettere di bronzo dell'iscrizione onoraria. In una cartolina appare recintato da una bassa cancellata, con l'iscrizione sormontata da uno stemma che dice:
A UMBERTO I IL RE BUONO I CITTADINI DI FORMIA 1902
Un dato sicuro sulla costruzione del giardino si ha dalle informazioni dirette riguardanti il maestro giardiniere che ne eseguì l'impianto, Michele Farina (Maddaloni 1865- Formia 1914), bisnonno dello scrivente, chiamato da Maddaloni dietro l'indicazione di un compaesano residente a Formia. Diplomato alla scuola giardinieri della Reggia di Caserta, Farina venne così ad assumere l'incarico di giardiniere comunale e nel 1892 chiamò sé la famiglia, allora nella medesima provincia. Una cartolina che tra le varie risulta la più antica, illustra parte della Villa ripresa dagli edifici retrostanti: all'interno vi è un gruppo di uomini in posa, dove si nota un personaggio di imponente corporatura che osserva un foglio e che si confronta all'identità di Michele Farina; gli altri personaggi sembrano tutti notabili della Città; fuori al cancello chiuso assistono in attesa alcune persone. La fotografia pare cogliere proprio l’evento inaugurale, forse in occasione dell'intitolazione della Villa a Marco Tullio Cicerone allorché il bimillenario natale cadeva nel 1894 (Arpino 3 gennaio 106 a.C. – Formia 7 dicembre 43 a.C.). Nell'immagine l'impianto appare di recentissima esecuzione, con alberi di catalpa di rapido accrescimento da poco posti a dimora e sostenuti da pertiche: saranno da ultimo sostituiti da lecci; le aiuole con varie composizioni di fiori e dal ciglio di tufo arrotondato, le panchine di pietra, il capanno degli attrezzi, un gazebo esagonale a vetri. Al centro della Villa vi era anche il palco circolare della musica che in diverse cartoline appare in due successive forme prima della sua sostituzione con la fontana residuale, posta negli anni 1930 specifica al getto illuminato da fasci di luce tricolore; nella circostanza il palco venne costruito in legno sul lato occidentale. Un altro elemento fa la sua comparsa nelle successive immagini della Villa: il "Teatro di varietà". L'edificio era costruito come chalet in “stile floreale" secondo la moda dell'epoca ed in sintonia col luogo. L'interno si componeva di una platea quadrangolare con palco, circondata da un loggiato superiore sostenuto da colonne di acciaio; diroccato nell'ultima guerra vi è ora al suo posto la l’edificio con la Biblioteca Comunale. Il Teatro di Varietà venne edificato alla stessa fine Ottocento poiché è presente al margine di una cartolina che inquadra il giardino ed una squadra navale alla fonda che la didascalia dice al comando del duca di Genova in occasione della visita di Vittorio Emanuele III nell'agosto 1900, forse proprio inaugurato per questo duplice evento. Oggi, oltre all'area del teatro, risulta tagliata fuori dal giardino la rampa che scende al mare ed all'ingresso dei locali romani: prima ancora dello chalet faceva parte della Villa, forse anticipato da una precedente aiuola circolare con un corrispondente cancello sulla via; negli anni 1930 vi si poteva raggiungere una lancia a motore che conduceva i bagnanti alla spiaggia di Vindicio. Tra le varie trasformazioni dell'ambiente urbano circostante c'è da annoverare la costruzione del Palazzo Bartolomeo, terminato nel 1911; l'apertura del ristorante "La Quercia" e della terrazza da ballo e di varia rappresentazione "Eden", nel luogo della dismessa Arena Miramare. Dopo l'ultimo conflitto venne allargato il marciapiede di via Vitruvio arretrando la Villa con un nuovo recinto, ma è la più recente via litoranea che ha compromesso le qualità della peculiare posizione del giardino quale terrazza addentrata nel mare. L'inserimento recente nel giardino di antichi reperti lapidei, architettonici ed epigrafici, affiorati a più riprese dal sottosuolo cittadino, benché approssimativo poteva essere riconsiderato e ordinato come vero e proprio museo all’aperto, facendo di questo giardino pubblico non solo un luogo di benessere del fisico ma anche di arricchimento culturale proprio come i Romani concepivano queste dimore di otium nei luoghi più ameni del golfo. Purtroppo una visione riduttiva ha privilegiato aspetti decorativi in una nuova pavimentazione rialzata arbitrariamente di livello con compromissione sulla fontana, sugli affacci e con enorme accumulo sottostante di acqua infiltrata nei sottostanti locali romani rendendoli inagibili. Dei reperti, ora di nuovo sparpagliati in tutta la città solo alcuni sporadici sono stati sistemati nelle aiuole proprio solo come decorazione da giardino. Dunque c'è molto da pensare e in meglio se la Villa Comunale “Umberto I” la si vorrà non solo conservata, ma massimamente elevata nei suoi valori storici ed ambientali, come luogo di distensione e del sapere di Formia.
Nelle immagini: Strutture romane della Villa Comunale: piante dei sotterranei e delle murazioni sul corrispondente orto superiore (dis. P. Mattej da “L’Ausonia”, 1866-69); veduta del Piajale, attuale Villa Comunale, ritratta da P. Mattej nel 1840; rilievo delle strutture romane sottostanti la Villa Comunale (S. Ciccone, da “Formianum” VII-1999); stralcio di planimetria del 1893 con l’allestimento originario della “Villa Cicerone” (archivio S. Ciccone); la Villa Comunale “Cicerone” in una cartolina risalente forse all’evento inaugurale tra gli anni 1893-94; il monumento a re Umberto I nel suo stato originario in una cartolina d’epoca; Michele Farina (Maddaloni 1865 – Formia 1914) giardiniere comunale curatore dell’allestimento della “Villa Cicerone” (archivio S. Ciccone); lo Chalet del teatro di arietà in una cartolina di inizio Novecento.

lunedì 11 aprile 2022

ALEXANDRE DUMAS A FORMIA

Anche lo scrittore e drammaturgo francese Alexandre Dumas (1802 - 1870), autore di famosi romanzi come: "Il conte di Montecristo" e "I tre moschettieri", in uno dei suoi lunghi viaggi che lo portò a visitare l'Austria, la Germania, l'Ungheria e l'Italia, tra il 1865 e il 1867, prima di raggiungere Napoli volle fermarsi ed ammirare le bellezze di Formia, che poi descrisse in uno dei suoi libri: "Il Corricolo - Impressioni di viaggio". 
Così scrive Dumas: 
"... Andammo a desinare a Mola: ci condussero in una grande sala le cui finestre erano chiuse per mantenere la frescura; poi, a un tratto, mentre, seduti su buone sedie, ci facevamo vento con i fazzoletti, il cameriere apre una di quelle finestre. E' impossibile esprimere l'incanto del paesaggio che quella specie di lanterna magica svelava ai nostri occhi. Ci immergevamo in quel golfo così calmo che sembrava uno specchio azzurro, e dall'altro lato, avanzata fino all'estremo del promontorio, scorgevamo Gaeta. Dopo pranzo andammo a fare una passeggiata fino al Castellone, l'antica Formia, di cui esistono ancora una parte delle mura e una porta. Fra questi due borghi era situata una villa di Cicerone; da questa villa egli fuggiva, nascosto nella lettiga, quando fu raggiunto dal tribuno Popilio, di cui era stato avvocato, che gli taglio la testa e le mani a mo' di riconoscenza; è probabile che, ove Popilio abbia avuto nel resto della sua vita qualche altro processo, il tribunale sarà stato costretto a nominargli un difensore d'ufficio..." Dumas all’età di 68 anni, colto da una malattia vascolare che lo aveva reso semiparalizzato, si stabilì nella dimora del figlio Alexandre, dove morì nel dicembre del 1870. Nelle immagini una gouache del golfo come apparve agli occhi di Alexandre Dumas, un ritratto dello scrittore all'epoca del viaggio in Italia e un acquerello della torre di Castellone, opera di Pasquale Mattej.