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lunedì 29 agosto 2022

lunedì 22 agosto 2022

Le ville romane sul litorale formiano tra economia e paesaggio - di Salvatore Ciccone -
Sintesi dell’intervento che si terrà il 27 agosto come da invito allegato Formia antica con il suo pur circoscritto ambito territoriale rappresentò una eccellenza nelle risorse naturali fin dalla romanizzazione contestuale al passaggio della via Appia nel 312 a.C.: fu infatti vantaggioso nodo di scambio marittimo protetto dalla penisola di “Cajeta” e da cui deriverebbe lo stesso nome di “Formiae” dalla pronuncia del greco “hormiai”, approdi. In questa condizione si ebbe il proliferare delle ville, organismi produttivi e di commercio dove si distingueva una “pars rustica” e una “pars urbana” devoluta a residenza del proprietario. Quest’ultima sarà quella sviluppata e incrementata di numero dalla fine della Repubblica al medio Impero a soddisfare l’otium, il colto riposo lontano dalla calca rumorosa e dagli olezzi di Roma, ricercando siti fascinosi e significativi nei paesaggi che evocavano miti anche riferiti alla stessa origine del popolo romano, come proprio offriva la costa di Formia che si qualificava con quella partenopea tra le più ricercate dell’Urbe. È in questa situazione che si esperisce l’architettura in innovative soluzioni anche nel riproporre quelle funzioni che nella città si rendevano necessarie all’esibizione della “dignitas” del patriziato, alle discussioni politiche, accompagnate da convivi e ad evasioni artistiche e filosofiche. Nell'arco più interno e riparato del golfo sono le “villae maritimae” a rappresentare più che un ambito privato gli elementi strutturanti del territorio come una ‘città diffusa’, poste a diretto contatto con le acque, arricchite da impianti di piscicoltura e con autonomi approdi, oppure integrate ai supporti logistici delle infrastrutture pubbliche portuali, alle quali concorrevano nel conferirne l’aspetto scenografico. Tra i più eminenti proprietari di ville fu Cicerone, dove venne ucciso dai mandatari di Marco Antonio il 7 dicembre del 43 a. C.; non di meno ebbero adeguate dimore gli imperatori, anticipate per vastità dalla villa di Mamurra nativo di Formia, amico e prefetto dei genieri di Giulio Cesare. La visitazione di questi luoghi in quell’epoca rappresenta il motivo della scelta per la manifestazione del Blue Med Economy, mirato allo sviluppo dell’economia del mare nel corretto rapporto tra ambiente e attività umana; parimenti rappresenta una nuova opportunità di rinnovato impulso per Formia, così come viene offerto dai documenti storici parte del paesaggio dai quali si possono ricavare utili saperi e consapevolezza per un rinnovato equilibrio nel miglioramento.

lunedì 8 agosto 2022

CIAO ILARIA … di Salvatore Ciccone
Quest’oggi mi ha raggiunto una notizia di quelle che non vorresti mai avere sia pure prevedibili: la morte di Ilaria Liberace. Non è possibile nel dolore e dall’accalcarsi dei sentimenti fare di Ilaria ora un sereno profilo. Figlia di questa terra da generazioni, parente di quel Valentino Liberace estroso pianista di fama negli Stati Uniti, era artista che assorbiva energia e ispirazione dalla natura marina e in generale dalle umili cose: da una conchiglia, da un legno arrotondato dal mare, come da pannucci multicolori sapeva restituire i sentimenti, le sensazioni e perfino i profumi di quell’elemento sconfinato dominante nel suo quotidiano, nella sua casa lì a Vindicio, solo dopo anteposta dalla pinetina. Le estati vissute nello stabilimento balneare fondato dal nonno materno il patriottico Bernardo Miele che per questo lo intitolò Bagni Bandiera; gli inverni lunghi chiusa nelle economie familiari in attesa di una nuova proficua stagione, a studiare. Divenne insegnante di Educazione Artistica, la mia insegnante presso la Scuola Media Statale Marco Vitruvio Pollione nel quartiere di Mola, collega “di battaglia” di mio padre e amicissima di mia madre che la conobbe ragazzetta con tutta la famiglia dal giugno del 1956, proprio recandosi ai Bagni con me di pochi mesi. Poi il matrimonio con quel simpaticone irruento ma “signore” di Corrado Bartolomeo, anch’egli compagnone tra le giovani coppie di quegli anni che trafficavano il lido del Miramare, a mangiare le cozze strappate dalla Scogliera della Regina e subito mangiate con una spruzzata dei limoni dei giardini soprastanti… Voglio fermarmi qui, a quel tempo di sofferenze ma di nutrite speranze, di semplicità e immediatezza, di rispetto, di umanità in quella Formia in parte ancora in macerie ma che conservava anima distintiva e dignità nelle quali Ilaria si identificava. La pubblicazione qui di seguito di una sua memoria formiana a me consegnatomi anni fa penso sia il modo migliore, ora, di onorare la sua persona e nel contempo la sua terra che spero di Ilaria Liberace non sarà dimentica.
Memorie formiane - Gli agrumi del Porto Caposele - di Ilaria Liberace - È una tiepida sera di maggio, arrivo fino al porticciolo Caposele, la meta preferita delle mie passeggiate. Questo ritaglio di mondo, pur vicino alla città e alla strada litoranea, riesce ancora a rimanere isolato e tranquillo, dove puoi assaporare momenti di pace. La Villa Rubino e i ruderi romani sono immersi nel verde incolto. Le barche quasi immobili dormono affiancate, attraccate ai pontili. Le scogliere scure adagiate nell’acqua sembrano anch’esse addormentate. Solo i pipistrelli intrecciano una notturna danza frenetica sotto i lampioni, quasi a sfiorarti. C’è nell’aria un forte odore di mare misto a quello delle sentine, ma come oltrepasso il Circolo Nautico mi colpisce un intenso profumo di zagare: sono gli alberi di agrumi tutti in fiore, aranci, mandarini e limoni che crescono nei giardini a terrazzo che sovrastano e abbracciano il piccolo porto. Aspiro profondamente quel sano profumo e la mia mente come ossigenata si risveglia e si tuffa nei ricordi. Ero bambina quando in questo porto c’erano i velieri che caricavano e scaricavano merci. I carretti andavano e venivano rasentando gli antichi muri per via della strada stretta che era tutte buche provocate dalle mareggiate d’inverno. Passando davanti alle grotte romane dalle alte volte a botte mi vengono in mente le cose che diceva mia nonna “Ntoniella”. In questi antichi magazzini che sorgono nei giardini attorno al porto si svolgeva la florida attività della raccolta e selezione degli agrumi che venivano mandati ovunque. Le donne, accompagnandosi con la voce “misuravano” le arance così: con il pollice e il medio della mano sinistra tenevano il frutto, poi aggiungevano una, due o tre dita dell’altra mano e a seconda della grandezza li mettevano in ceste separate, 1ª scelta, 2ª scelta, ecc. Un altro lavoro che veniva fatto era quello di estrarre l’olio essenziale dalle cedrangole che veniva poi destinato alle fabbriche di essenze e profumi. le cedrangole o melangole sono arance amarognole, sgradevoli da mangiare, ma nei giardini formiani abbondavano proprio perché venivano utilizzate le loro bucce spesse e profumate. Con una spugna [ndr quella di mare lievemente rigida e abrasiva] si assorbiva dalla scorza del frutto, precedentemente tagliato a metà, l’olio (localmente detto spirito) che ne veniva fuori premendola. Si usava per questa operazione di raccolta anche un vaso di terracotta internamente smaltato color ocra, fornito di due manici e un becco. Il lavoro era lungo e faticoso, ma redditizio. Successivamente le bucce premute venivano infilate in uno spago a mo’ di collana, quindi queste collane venivano immerse in botti colme di acqua delle adiacenti fonti, caricate sui bastimenti e mandate nel napoletano perché venissero candite in apposite fabbriche. Ora i cedrangoli sono spariti dai giardini formiani. Infatti prima dell’invasione del cemento, Formia era tutto un immenso giardino che dai monti digradava fino al mare, dove prosperavano oltre agli agrumi e all’olivo, il melograno, il nespolo, cotogni, fichi e vigneti i cui frutti erano la delizia del palato perché nutriti dalla terra ricca d’acqua e maturati al sole temperato dal vento del mare. (Formia, giugno 2008)
Nelle immagini: Il porto Caposele, con le “grotte” di una villa romana in un dipinto di anonimo della prima metà dell’Ottocento, in una fotografia degli anni Cinquanta e in una veduta verso villa Caposele dei giorni nostri.

mercoledì 3 agosto 2022

VILLE E PISCINE ROMANE INEDITE SULL’ANTICO LITORALE DI FORMIA - di Salvatore Ciccone
Com'è noto, la costa di Formia romana si allungava dalle prossimità della Villa di Tiberio a Sperlonga, ambito dell’antica “Fundi”, fino a buona parte del promontorio di Giànola, confine con Minturnae, situazione fissata dagli scrittori classici con le espressioni di "Formiae litus", e di "sinus Formianus” per l’attuale golfo di Gaeta. In questo contesto le piscine, cioè gli impianti di piscicoltura, sono in numero davvero considerevole e si ritrovano presenti solo dopo lunga distanza presso il Circeo, nelle isole Ponziane e poi sulle coste partenopee. Nell'arco più interno e riparato del golfo le piscine costituivano l’elemento distintivo delle “villae maritimae”, poste com’erano a diretto contatto con le acque e con autonomi approdi, oppure integrate alle infrastrutture pubbliche portuali; Gli impianti di piscicoltura erano raramente realizzati intagliando la costa rocciosa (piscinae ex petra excise), per lo più eseguite in muratura (piscinae in litore constructae) a protezione di uno specchio d'acqua variamente suddiviso in vasche. Il flusso idrico era assicurato tramite canali provvisti di griglie scorrevoli verticalmente su guide di pietra o gargami; sull'argine si dotavano inoltre di paratoie per proteggere l'impianto durante il mare cattivo. L'efficacia dei flussi era affidata all'orientamento dei canali e alla loro posizione relativamente alla caratteristica delle vasche. Ulteriore accorgimento dell'impianto era la dotazione di acqua dolce con sorgenti litoranee, ruscelli o derivata da acquedotti, tale da assicurare la giusta salinità e temperatura specie nei mesi caldi, miscela oltretutto congeniale ad alcuni pesci. Le specie ittiche allevate dipendevano dalla natura dei fondali dove le piscine si collocavano, conservandone le caratteristiche ambientali. Non è esplicitata una riproduzione in cattività, rimanendo le piscine prevalentemente impianti di stabulazione dai quali disporre in ogni tempo di pesce per Io più pregiato. Le opere murarie delle piscine si eseguivano come quelle dei porti, secondo i procedimenti descritti da Vitruvio, in particolare utilizzando la malta idraulica composta da calce e pozzolana che indurisce in acqua, unita a scaglie lapidee (caementa) generalmente di tufo e immessa in una successione di casseforme lignee (arcae) ancorate al fondale: la frequenza delle piscine si rapporta quindi anche alla facile disponibilità delle pozzolane. Sull’antico litorale formiano si sono potuti accertare quindici impianti dei quali oggi sono direttamente esaminabili sei: due di questi ricadono nell'attuale territorio di Gaeta, rimasti inediti fino ai miei rilievi pubblicati; questo a causa delle difficoltà in passato a studiare queste opere sommerse, poi cancellate in maggior numero per il rapido incalzare dell’urbanizzazione e delle infrastrutture portuali, rimanendone testimonianza tra le righe di studiosi locali a partire dal Settecento. Al Novecento risalgono i primi studi basati su rilievi ad opera Luigi Jacono per due piscine di Formia, delle quali oggi è visibile soltanto quella antistante la Villa Comunale. Le piscine di Gaeta ora trattate sono una fuori la rada, nella scogliera di Fontania, e una all’interno alla Punta di Conca, presso l’attuale Villa Accetta. La piscina di Fontania si trova in un'insenatura riparata dalle correnti meridionali; maggiormente in origine per l'esistenza di un molo ad arcate che dalla villa collegava lo scoglio La Nave. L'impianto si trova entro un’area trapezia circondata sui tre lati minori dalle strutture residenziali e sul lato maggiore chiusa da un largo argine rivolto ad E-SE verso monte Orlando. In una degli ambienti voltati a settentrione fluisce acqua sorgiva sicuramente impiegata per l'allevamento. L'argine largo circa m. 6 è formato da “moles”, in “opus caementicium” di lunghezza variabile, poste in successione con intervalli di m. 2 a costituire i canali di alimentazione. Buona parte del bacino è insabbiato e solo occasionalmente vengono scoperti dal mare dei muri ad andamento curvilineo: formavano le suddivisioni della piscina con un originale disegno ad archi di cerchio intrecciati limitanti sette vasche intercomunicanti, ognuna delle quali servite da uno specifico canale d'argine: sono ben visibili quelle estreme che insieme a vari monconi scomposti avvalorano la presente restituzione; la larghezza dei canali e l’assenza di guide verticali di pietra ha indotto in errore gli archeologi circa la vera natura della costruzione, non considerando proprio questa ampiezza idonea a intelaiature lignee ad incastro per le chiusure. La piscina era definita sui lati di terra da un portico, dal quale con una scala a doppia rampa centrale si saliva al piano soprastante; si sviluppavano così scorci e prospettive vivacizzate dal disegno a cerchi d’acqua, aperto a ventaglio verso lo sfondo panoramico. A Conca questa integrazione architettonica della piscina alla residenza si trova proposta in chiave monumentale. L’impianto è questa volta posto a circondare con due fronti speculari la villa antica, tutta a comprendere un piccolo promontorio. L'argine in “caementicium” assai logorato e scomposto dal mare, malgrado fosse protetto da una larga e aderente scogliera, ha spessore opportunamente variato in sezioni da m 2,80 / 3,70 / 4,80. Nel rilievo anche le labili tracce e la presenza di sparse guide di piena contribuiscono ad una restituzione attendibile del disegno. Nella parte estrema centrale è inserita una vasca circolare di circa m. 29,50 di diametro, pari a 100 piedi romani. Questa misura rappresenta il modulo dimensionale dell'impianto che in ciascuna ala ne dà la lunghezza di 300 piedi (m. 88,71) e la larghezza di piedi 50 (m. 14,78) dalle banchine parallele sulla terraferma. La profondità delle vasche quadrangolari, a fondo piatto di malta idraulica, è di circa m. 1,70, quella circolare raggiunge m. 2,90; in esse sono talvolta integrate le rocce naturali. Il flusso idrico era assicurato da canali larghi circa un metro, da uno a due metri e di profondità; in corrispondenza di essi giacciono gli elementi lapidei dei gargami su cui scorrevano le griglie e le paratoie. Numerose sorgenti di acqua freddissima che sgorgano dalla costa e dal fondale assicuravano le migliori condizioni di allevamento. Di particolare interesse è la composizione geometrica dell'argine, le cui direzioni rispondono all'antica Rosa dei Venti a dodici punti principali, ottenuta con la sovrapposizione di quattro triangoli equilateri secondo la regola degli astrologi riferita da Vitruvio. Risulta pertanto che la piscina rispondeva alla necessità di progettazione rispetto alle correnti marine tagliando sull'asse centrale Io scirocco (eurus) e con i due lati divaricati di 105 gradi, a fronteggiare ad E-SE lo scirocco-levante (ornithiae) e a S l’ostro (auster). Le strutture della villa in “opus quasi reticulatum” della metà del I secolo a. C. mostrano sul fronte di prospetto alla vasca circolare retroposti locali voltati e tracce di una volta ribassata di un originario portico su pilastri; pertanto una costruzione a più livelli fino a raggiungere ed anche sovrastare la quota della via. Nel ridotto spazio disponibile si otteneva così un compatto effetto monumentale pareggiando le più vaste ville e a polarizzare il sito litoraneo, trovando saldatura col mare e il panorama nella piscina e in questa nella decisa geometria circolare della vasca principale. Sia nell'esempio di Fontania che in questo di Conca risalta l'intenzione di tradurre lo specchio acqueo in funzione ornamentale e ad esaltazione delle vedute, in analogia a quanto si praticava nei giardini delle ville tramite la ”ars topiaria”. Per maggiori approfondimenti si rimanda ai miei articoli negli Atti del convegno "Formianum" 1996 e nel primo volume del 2000 della Storia Illustrata di Formia, con le specifiche indicazioni bibliografiche.
Didascalie immagini : 1- Piscinae individuate sull’antico litorale di Formia (S. Ciccone, 1996), visibili (triangoli pieni) e coperte (triangoli vuoti). Gaeta: 1 – Fontania; 2 – villa imperiale; 3 – Peschiera; 4 – Pizzone; 5 – Conca; 6 – Punta di Conca; 7 – Vindicio. Formia, Porto Caposele: 8 – Scuola di Cicerone; 9 – Villa Caposele; 10 – Marina di Castellone. Formia, porto: 11 – Villa Comunale; 12 – Caposelice. Formia, villa di Giànola: 13 – Pescinola; 14 – Porto di Giànola. Scàuri (Minturno): 15 – Lo Scoglio. 2 - Formia, piscina davanti la Villa Comunale Umberto I vista verso oriente e rilievo della medesima (L. Jacono, 1914). 3 - Gaeta, piscina in località Fontania verso il panorama orientale e rilievo della medesima (S. Ciccone, 1996). 4 – Gaeta, piscina in località Conca, vista verso settentrione e rilievo della medesima (S. Ciccone, 1996).