giovedì 20 giugno 2024

SAN GIOVANNI BATTISTA A FORMIA: LA STATUA E I LUOGHI DI CULTO - Salvatore Ciccone
Nel rione Mola, già borgo sorto nel Medioevo presso l’antico porto di Formia, la venerazione verso San Giovanni Battista ha come tramite una pregevole statua lignea (fig. 1), la cui origine intreccia storia, tradizione e due chiese del tutto scomparse. Si tramanda che un contadino di Castellone, il borgo alto di Formia, sul lido orientale recuperò un tronco spiaggiato come ceppo da ardere, ma il legno misteriosamente riportatosi tre volte nello stesso luogo nonostante l’ostinazione del villico, la quarta volta si ritrovò davanti al portone della chiesetta di San Giovanni Battista nella parte più bassa del borgo. Il prodigio venne intrepretato come una volontà del Santo e perciò il legno inviato ad un valente artista di Napoli per realizzarne una statua, la quale giunse via mare e in solenne processione condotta nella chiesa. Recentemente ho potuto individuare il probabile autore del simulacro in Giuseppe Picano, celebre scultore nato a Napoli nel 1716 ed ivi operante morto ultranovantenne; pertanto i fatti tramandati sarebbero avvenuti nel ‘700. Tuttavia nello stesso secolo viene anche fatta risalire la sconsacrazione della chiesa di Castellone, della quale gli arredi e la statua furono acquistati dalla Confraternita di San Giovanni Battista, accosta alla chiesa ben più antica di San Lorenzo a Mola: questa, adiacente il castello duecentesco con la eminente torre cilindrica, è andata distrutta nell’ultimo conflitto mentre si costruiva quella attuale. Un nesso documentato tra la chiesa di Castellone con la zona litorale orientale compare in un atto del 1490 conservato presso l’Archivio Capitolare di Gaeta, inerente la chiesa di “S. Iohannis in flumia de Castellono Gaiete”, nel retro della pergamena da altra mano annotato con “S. Iohannis de flumine”, cioé “del fiume”. Nella zona della chiesa scomparsa, che ha lasciato il nome al vico su via Rubino, non esiste e non è esistito alcun corso d’acqua di quella identità; invece un ulteriore atto del 1516 concerne di questa chiesa la pertinenza di un orto a “Santo Janni”, zona litorale ad oriente di Formia separata dal promontorio di Giànola dall’omonimo fiume. La chiesa in Castellone doveva perciò relazionarsi ad una campestre distante poco più di cinque chilometri, presso quel fiume che le aggiungeva il nome e alla quale si riferiva l’ambito litorale, campagna storicamente legata a quel borgo e all’attività agricola dei suoi abitanti: è in questo ambito forse da collocare tutta la leggendaria vicissitudine del tronco. Una determinante informazione proviene da una Bolla di papa Innocenzo II del 1143 in cui si confermano i beni dell’abbazia di S. Erasmo di Formia, adiacente Castellone, tra cui le chiese di “S. Gennaro e S. Giovanni de Trullo” da intendersi vicine: la prima in un documento del ‘500 viene collocata presso il promontorio di Giànola; della seconda l’aggiunto “Trullo” è di origine greco-bizantina, “trullos”, ad indicare una cupola o un ambiente da essa coperto. La più tardiva denominazione “in flumia” o “de flumine” conferita alla chiesa di Castellone, localizza quella sussidiaria campestre, potendola intendere “presso il fiume” come pure “verso” o “dalla parte del fiume”: da Mola e Castellone il rio Santa Croce o di Giànola era uno dei principali riferimenti e con parvenza di un fiume presso la foce. Di questo ambito litorale, emerge una immagine su “Il Mondo Illustrato – Giornale universale”, n. 11 del 1860, incisa da Raffaele Pontremoli (fig. 2), prolifico illustratore al seguito dell’esercito unitarista che a Gaeta nel 1861 costrinse i Borbone alla capitolazione. L’immagine rappresenta il lido dominato dal promontorio di Gaeta, col suo profilo ravvicinato e che in quel luogo appare con le falesie di monte Orlando, dove vi si incentra l’incontro tra un alto prelato e un vecchio eremita seduto, mentre sulla spiaggia, dove transita una donna con un asino, attende accostata una barca con ornato baldacchino e bandiere, riferimento distintivo di una visita pastorale. Ma il luogo è precisamente caratterizzato dal cantone di un edificio stretto da rigogliosa vegetazione e sul quale si rende la pittura parietale di una sacra figura di particolare interesse. La pur sommaria riproduzione dell’affresco, con abilità fatto apparire in parte degradato nella parte inferiore, come pure la forma barocca della barca ed altri particolari, rivelano la copia di un quadro anche di grandi dimensioni e di almeno un secolo prima. Di sfuggita la figura parietale, databile non prima del XV secolo, potrebbe interpretarsi una Madonna con in braccio il bimbo Gesù. Tuttavia i tratti pur essenziali rivelano la figura decadente di una anziana con specifico velo sul capo e il bimbo che indica un libro sul petto della donna, particolarità che identifica Santa Elisabetta tardiva madre di San Giovanni Battista che riferisce l’emblematica frase “Ecce Agnus Dei”. Dunque una siffatta immagine sacra sul cantone di quell’edificio rivelerebbe la sua assegnazione: la chiesa di San Giovanni che resta nel nome di quel litorale, “Santo Janni”. L’immagine del monumento formiano data dal Pontremoli è ricca di dettagli, come il tipo di muratura e una feritoia, di più, nella sfalsatura verticale della struttura, una cornice ad archetti e dentelli di evidente fattura romanica di X-XII secolo. Tra vari esempi di chiese rurali del periodo, spicca “San Bartolomeo de Palude”, così citata nel 1180, nel comune di Castellana Grotte (fig. 3), dove il restringimento dell’elemento superiore è in funzione statica ad una cupola; una forma non estranea nei collegamenti culturali di quest’area con la Puglia e di generale influenza bizantina e longobarda. La cupola così spiegherebbe la denominazione di “San Giovanni de Trullo” data alla chiesa menzionata nel 1143 tra quelle nei pressi di Giànola, pertanto riferita a questa specifica caratteristica architettonica; essa non è rappresentata nell’immagine, forse occultata o sostituita da un tetto Il diverso nome conferito alla chiesa si inserisce nella duplicità di situazioni: una legata al territorio, al fiume considerato tutt’uno con gli acquitrini litoranei specificati “Pescinola” a quella più prossimi; l’altra riferita all’elemento architettonico denotativo sulla riviera, la probabile cupola o trullo. Pertanto lungo il lido di Santo Janni esisteva una chiesa dalla quale si è originata la denominazione, ritratta con precisi riferimenti al luogo e che trova riscontri in testimonianze tramandate: una di queste riferisce del ritrovamento nel 1960 di alcune sepolture sulla duna originaria, tra gli attuali incroci litoranei di via Santojanni Pescinola e via Del Mare, fattore indicativo di un passato luogo di culto cristiano. All’estendersi massivo dell’abitato, che ha sconvolto il luogo originario, alla frequentazione balneare spesso caotica, questi scarsi documenti rivelano un diverso uso del territorio improntato alla sacralità, cui l’immagine ottocentesca ce ne trasmette tutta la sua suggestione e ne promuove una diversa considerazione.
Didascalie delle immagini 1 – La settecentesca statua di S. Giovanni in una processione presso il porto. 2 – Immagine a incisione di Pontremoli in “Il Mondo Illustrato” del 1860, con struttura riferibile alla chiesa di San Giovanni dalle figure sacre dipinte sulla parete a sinistra. 3 – Chiesa di San Bartolomeo a Castellana Grotte, confrontabile con quella formiana ritratta da Pontremoli. 4 – Il tratto litoraneo interessato alla chiesa di Santo Janni: sopra negli anni 1960 con la duna; sotto, oggi presso l’incrocio di via S. Janni Piscinola. Bibliografia S. Ciccone, La scomparsa chiesa di Santo Janni a Formia, in AA. VV., “Giànola tra ricordi e tradizioni”, vol. 3, 2023, ISBN 9791222476223, pp. 2-17.

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