mercoledì 3 luglio 2024
IL MOLO DI CICERONE A FORMIA -
di Salvatore Ciccone
Nello studio della topografia di Formia antica, il rilevo delle strutture marine sommerse è di fondamentale importanza, ma arduo nell’esecuzione e spesso di problematica interpretazione. Infatti mentre il mare allora costituiva un elemento prevalente nella vita e nella forma della città, ingresso privilegiato nel porto e fronte scenografico rappresentativo, ne ha poi celato le costruzioni disgregate in lunghi secoli di stravolgimenti e di abbandono, cosicché oggi, oltretutto in una cambiata concezione urbanistica, di queste costruzioni è persino insospettabile l’esistenza.
È questo il caso che si presenta nello specchio acqueo della spiaggia di Vindicio, da più di cento anni eletto al godimento balneare e più recentemente in parte devoluto agli sport velici, caso palesato nell’indagine che dai primi anni 1980 ho condotto sulla costa tra Formia a Sperlonga riguardo alle ville costiere oltre che sul porto urbano.
Sul fondale antistante l’estremità occidentale del lido, in corrispondenza della foce del rio Pontone, si trovano strutture di minima entità, rarefatte e scompaginate, dove tuttavia diversi elementi per grandezza e posizione non possono avere provenienza torrentizia. Con questi ho pertanto individuato un primo allineamento traversale alla costa in direzione sud-est, con inizio presso una scogliera artificiale a circa m. 60 ad occidente del torrente e termine a m. 80 ad una profondità più o meno di m. 2; di qui un secondo allineamento procede quasi parallelo alla riva verso est-nord-est per circa m. 60: accostato alla scogliera si presentava un blocco cementizio (lunghezza m. 3,0, larghezza m. 1,40), disperso con parte del frangiflutto di origine antica in recenti trasformazioni balneari; altri blocchi sono sparsi e frammentati all’interno dell’area delimitata e uno si trova all’estremo del secondo allineamento.
In prossimità del “gomito” ho rilevato un frammento murario con cortina in “opus reticulatum” a filari alterni di calcare e di tufo (lato elementi cm. 7,5-8,5) e un agglomerato cementizio a frammenti testacei recante un settore di ghiera d’arco composta da pezzi regolari di “tegulae”.
Le caratteristiche strutturali e la dislocazione si identificano per quelle di un molo costituito da “pilae”, ossia piloni ed archi, modalità sviluppata dai Romani per facilità esecutiva e per mantenere la circolazione dei flutti contro l’insabbiamento: il raggio dell’arco valutato in 6 piedi romani (m. 1,77) si rapporta alla lunghezza del pilone presso la riva, pertanto in pianta ai piloni rettangolari vi dovevano essere volte o “campate” quadrate.
Rilevante, verso l’estremo dei resti, un cippo di pietra cilindrico con base prismatica sbozzata (diametro m. 0,30 e altezza totale m. 0,96 pari ad uno e tre e piedi romani), che si presenta idonea come bitta d’ormeggio. Sono anche da segnalare frequenti elementi di pietra squadrata di contenute e variabili dimensioni, riconducibili ad un lastricato congeniale al molo.
Il sito è ideale, al riparo del promontorio di Gaeta e trovandosi appena ad oriente dell’incrocio la via Canzatora, collegamento antico tra la via Appia e quella litoranea ricondotta a Lucio Valerio Flacco, costituendo un importante approdo per le vicine “villae” litorali e di più per il bacino agricolo oggi facente capo ad Itri, particolarmente finalizzato alla coltivazione dell’ulivo e della vite.
Delle ville, una si evidenzia rispondente al “Formianum” di Cicerone dalle indicazioni ricavabili dagli scrittori classici e in particolare a quella ritenuta romanzata di Plutarco (Cicerone, II, 47), dove si dice che quegli fuggito da Roma si imbarcò a Gaeta, ma respinto dal mare cattivo, era il 7 dicembre del 43 a.C., fu costretto a riprendere terra per recarsi nella sua villa e qui raggiunto e ucciso dai mandatari di Marco Antonio. Questo fatto evidenzia la prossimità della villa ad un approdo, così come è questo di Pontone ai resti di una residenza in proprietà Lamberti, estremità costiera della striscia di terra che sull’Appia reca il sepolcro tradizionalmente attribuito a Cicerone. L’esistenza di un vicino approdo risalta allorché Cicerone comunica all’amico Attico (I, 4) l’arrivo di statue da quello procurate per decorare la villa.
Vanno poi menzionati i resti di strutture anche voltate, inglobate oggi in un parcheggio, già vigneto prima della moderna via litoranea, ma che sono affiorate nel 2009 in scavi preventivi sulla strada condotti dalla Soprintendenza, riconducibili ad una logistica portuale di molteplice funzione e provvisti anche di decorazioni: non va infatti trascurato come un approdo così strutturato potesse avere sacelli sacri a scopo propiziatorio e uffici per il magistrato addetto alla registrazione daziaria del movimento delle merci; queste strutture erano evidentemente protette dall’antica scogliera.
A queste evidenze già variamente pubblicate, sebbene non considerate anche nei recenti lavori di adeguamento del lungomare, ho avuto oggi l’occasione di scoprire le tracce di un ulteriore molo sul versante di levante, consistenti in resti di almeno tre “pilae” rettangolari venute in luce per effetto di una recente erosione, poste a raso del fondale e di più ridotte dimensioni, su allineamento ortogonale al lido al confine dei circoli velici Vela Viva e Officina dei Venti, fino a circa m. 30 dalla riva. Ora si viene ad evidenziare come lo sbocco del torrente si trovasse al centro dell’infrastruttura, circa m. 60 dai rispettivi moli, quello di sopraflutto, adeguatamente coincidente a questo di levante di sottoflutto, forse più esile. Appare come il corso d’acqua e l’infrastruttura fossero reciprocamente interrelati: certamente i moli riparavano la foce riducendo l’impatto dei marosi, quindi il flusso d’acqua dolce avrebbe favorito il depositarsi dei sedimenti fuori dai moli, però nell’entità originaria di un copioso ruscello perenne e dalle piene “pulite”.
Questa presenza archeologica è purtroppo compromessa nella sua lettura, da quando sullo scorcio degli anni 1970 venne in parte sepolta da fanghi rossi di una industria di Itri scaricati nel rio, quindi da varie trasformazioni del lido, primo il ripascimento degli anni 1980.
Alla possibilità di una campagna subacquea di rilievo e di scavo, auspicabile nel più ampio contesto monumentale della zona, è suggestivo immaginare l’attività antica di un porto, merci e persone tra le quali le statue greche per la vicina villa di Cicerone ed egli stesso nel ripararsi dalla cieca violenza di Marco Antonio in quell’episodio nodale per la storia di Roma.
Bibliografia
S. Ciccone, Indicazioni sul “Formianum” di Cicerone presso l’Appia, “Lunario Romano” XII -1983, pp. 527-538.
Idem, Aggiornamenti sulla topografia del “Formianum” di Cicerone, “Formianum” Atti I-1993, pp.43-53.
Idem, Osservazioni sull’architettura della tomba di Cicerone a Formia, “Formianum” Atti IX-2001, pp. 11-38.
N. Cassieri, Contributi per una migliore conoscenza del territorio di “Caieta”, “Formianum” Atti IX-2001, p. 62.
Didascalie delle immagini
1 – Mappa del sito con in rosso il profilo delle strutture portuali desunto dai resti (Ciccone 1993-2024).
2 – Frammento sommerso di ghiera di un arco di collegamento tra i piloni del molo (Ciccone 1993).
3 – Blocco di muratura sommerso in “opus reticulatum” (stecca m. 1 e freccia a nord; Ciccone 1993).
4 – Probabile bitta d’ormeggio di pietra sul fondale (stecca m. 1 e freccia a nord; Ciccone 1993).
5 – Strutture venute in luce nel 2009 alla radice del molo di sopraflutto (da Cassieri 2009).
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