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mercoledì 12 gennaio 2022

IMMAGINI DELL’AUGUSTA MAESTA’ DI ROMA SCOPERTE A FORMIA
Ho avuto la possibilità di avere una copia del Bollettino d’Arte Del Ministero della Pubblica Istruzione, scritto dal Direttore dr Roberto Marvasi, che descrive minuziosamente il ritrovamento di importati reperti archeologici venuti alla luce nel 1920, durante i lavori di costruzione del secondo tratto della via Vitruvio che da via Santa Teresa raggiungeva la contrata Rialto: “ (Ultimo bollettino del Ministero) - Praticandosi i lavori di sterro per l'apertura di una nuova via, e precisamente il cavo di fondazione della spalla di un sottovia del giardino De Matteis - Di Fava, il proprietario del giardino, posto sull'avviso da taluni indizi, metteva in luce una statua di Nereide su mostro marino ; e nel giardino di proprietà Sorreca, a due metri circa di profondità dal piano di campagna, l'operaio Felice Varone vedeva scoprirsi sotto il suo piccone dapprima un tronco di sostegno di statua e subito dopo una testa marmorea, un plinto, un gran torso di statua eroica, e via via, con tre statuette minori, i resti di un'altra statua di personaggio togato. Il rimescolamento invero singolare del terreno nel quale tutte queste sculture coi loro frammenti minori si trovavano ammontichiate non potevano non consigliare una più attenta indagine del sottosuolo ; e così disposti i saggi, furono da me restituiti alla luce, nel luogo stesso dove le prime scoperte avevano avuto luogo, una nuova bella e completa statua eroica, una severa testa giovanile, e sculture minori... Furono ugualmente disposti saggi esplorativi nel terreno di proprietà De Matteis - Di Fava con risultati che sono già della più alta importanza. Il 12 settembre 1920, a poche ore di distanza dall'inizio dei lavori di saggio da me predisposti, appariva nel terreno, all'incirca a metri 3.20 di profondità dal piano di campagna. una statua di efebo interamente nuda tranne una clamide pendente dalla spalla e avvolta attorno al braccio sinistro. Non nuovo è il tipo artistico cui l'autore di questa statua si ispira; la stessa caratteristica ponderazione, la stessa impostazione della figura nuda, lo stesso movimento delle braccia, ritroviamo in un certo numero di statue, tutte derivanti da un solo prototipo, di cui finora la espressione artisticamente più rifinita e fedele è il cosiddetto Hermes Lausdowne. L'originale a cui queste statue si ripetono è un Hermes di scuola policletea, forse dovuta a quel Naucide d'Argo che da taluni è detta fratello di Policleto, e da altri, più semplicemente un parente o un contemporaneo più giovane di Policleto e suo scolaro. In proporzioni più grandi del vero era scolpita una seconda statua eroica che non sembra, piuttosto, possa esser restituita nella sua interezza dai restauri in corso. La ponderazione è la solita delle figure policletee, e al Doriforo ci richiama la posizione del braccio sinistro, che, tirato all'indietro si flette anche qui fortemente, mentre le dita della mano si stringono come nel Canone, all'atto di impugnare un giavellotto, poggiandolo sulla spalla : il braccio destro non viene però abbandonato lungo il corpo come nella statua del maestro di Sicione, ma scende sino all'anca e quindi piega, si che l'avanbraccio è proteso, e la mano è distesa ed aperta come (per citare solo l'esempio d'un'altra statua assai nota) nell'idolino di Pesaro. La testa è, nella maniera più certa, un vigoroso nobilissimo ritratto, l'imitation della statua reca tracce assai appariscenti di color rosso : essa era evidentemente tutta dipinta di porpora come la clamide della figura eroica che ripete il motivo dell'Hermes Lausdowne - Aegion ; e l'effetto artistico tratto anche qui dal contrasto tra il colore del panneggiamento e la bianchezza del marmo è notevole.” “La terza fra le statue eroiche rinvenute in Formia ha molti tratti comuni con l'ultima da noi descritta. Frequentemente ripetuto è nella scultura romana del primo secolo dell'impero il tipo di questa statua del Museo Nazionale di Napoli di cui la stretta parentela con la statua formiana è innegabile anche nel drappamento dell' imitation e nel movimento del braccio sinistro, diremo il cosiddetto Marcello del Macelum di Pompei. Accanto alle statue eroiche e archilee, le statue togate. Una se n'è rinvenuta, nel solito marmo lunense a grana fine e lucida, compiutamente integra tranne lievi manchevolezze. Rappresenta un personaggio stante, completamente avvolto nella toga riportata sul capo alla maniera dei sacerdoti. Innanzi a queste immagini della maestà togata vien fatto spontaneo di associare la potenza della visione al ricordo del divino carme secolare di Orazio, che celebra e glorifica Roma, e rivolge l'augurio ai Quiriti di mostrarsi degni della gran Madre ; glorificazione che fu merito di Auguto di promuovere, e che i suoi poeti e i suoi scultori ebbero l'orgoglio di vestire di si nobili forme. Il tipo statuario cui lo scultore della statua formiana si è ispirato ci è noto per un considerevole numero di esemplari. Ma forse la statua che più che tutte, per la nobiltà dell'espressione e dell'atteggiamento, e anche pel singolare modo dell'inserzione della testa, ci apparisce in rapporti di analogia più stretti con la statua formiana è l'Augusto della via Labicana, rinvenuto nel 1910. Analoghe le pro-porzioni, la ponderazione, la disposizione della toga, la finezza del trattamento artistico : il ravvicinamento delle due sculture si presenta spontaneo. E l'una e l'altra statua ci richiamano al periodo luminoso dell'arte del ritratto nell'età augustea, o della età che ad essa segui immediatamente. Una seconda statua drappeggiata era seppellita nel materiale di riporto entro cui giacevano le quattro innanzi ricordate. Subito al di là del plinto della statua eroica che riproduce il tipo dell'Hermes Lausdowne -Aegion, era una testa virile giovanile, tutta drappeggiata in un lembo di toga, e appartenente a una statua di proporzioni maggiori del vero. E segreto di una maestà così composta e così superiore è in questo suggello personale ed altissimo che Roma imprime alla sua arte; di talchè a un tratto fisonomie e caratteristiche personali spariscono, per dar luogo ad una sola immagine che tutte le fonde e le nobilità: la immagine augusta di Roma. Questa testa non era come quella dell'altra starna togata, lavorata a parte e inserita nel tronco : un solo blocco marmoreo era servito a suo tempo per ricavarvi, col resto della figura, la testa. Le pieghe superstiti della toga, modellate con semplice naturalezza cadevano riccamente, ma senza vastosità offensive ; sul resto della testa, il marmo era trattato in maniera sommaria, poichè la statua figurava contro una parete. Abbondantissime tracce di color rosso mostravano con evidenza che anche questa toga era tutta dipinta di color porpora : colorazione che rispondeva come nella statua gemella, al carattere sacro di cui per le funzioni sacerdotali erano investiti i personaggi rappresentati.”
Nelle fotografie l’area delle proprietà De Matteis – Di Fava e Sorreca e la situazione degli scavi dopo i primi ritrovamenti, la statua di efebo al momento del ritrovamento e nel suo splendore ad avvenuta ripulitura, la terza statua eroica e quella del personaggio avvolto nella toga, definito in seguito “personaggio in costume sacrificante” e la testa virile giovanile drappeggiata in un lembo di toga, di profilo e frontale.

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