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venerdì 11 febbraio 2022

GLI EPITAFFI DEL DUCA DI ALCALÀ LUNGO LA VIA APPIA di Salvatore Ciccone
La via Appia ha sempre suscitato interesse ed emozioni nei viaggiatori eruditi del Grand Tour per la sua fama di “Regina Viarum”. Ciò avveniva dopo secoli di abbandono, tuttavia mai completo in virtù dell'importanza strategica del tracciato che già aveva accompagnato l'espansione di Roma nel Meridione ed alle rotte per la Grecia e l'Oriente. Frequenti erano le interruzioni per il crollo di ponti, frane, paludi, queste ultime ancora dopo il prosciugamento ed il restauro operato da Teodorico fino alla Mesa presso Terracina, fecero preferire l'interna e più sicura via Latina. Nel Rinascimento, al consolidarsi degli assetti politici, al rifiorire dell'economia e dell'arte, la via Appia tornò nuovamente ad essere considerata un indispensabile e rapido collegamento del Meridione con Roma e quindi con l'Europa; testimonianza sono i documenti dei restauri riguardanti il tratto che va dal più antico confine degli Stati della Chiesa col Regno di Napoli tra Terracina e Monte San Biagio, fino al fiume Garigliano che attualmente separa il Lazio e la Campania: i cosiddetti Epitaffi, monumenti commemorativi dei lavori compiuti sotto il dominio spagnolo di Filippo II il Cattolico. L'indagine prende avvio da quello un tempo esistente presso il Ponte di Rialto a Formia, sul torrente dalle alte e ripide sponde (rivum altum), vera difesa naturale ad occidente dell'antica Città e poi del trecentesco Castellone. Il ponte, semidistrutto insieme all'Epitaffio nell'ultima guerra, oggi ancora resiste all'incuria e all'erosione: era costituito da un grande arco girato in conci di tufo alternati a mattoni, solido e leggero ad un tempo, impostato su spalle inferiormente rivestite da alte cortine di pietra squadrata. Dell'Epitaffio non rimangono che alcune parti lapidee del basamento, delle modanature e del nucleo cementizio. Il basamento in forma di podio è lungo m. 5,30, largo 1,70 e alto 1,90 compresa la cornice composta di un grosso ‘toro’ con sottostante ‘guscio’, spesso usata alla sommità delle scarpe di mura e torri dell'epoca: il cosiddetto ‘redondone’. L’architettura del monumento può solo osservarsi in rare foto d'epoca, dove sul podio si erigeva una parete risaltata sui cantoni da coppie di lesene, concluse da modiglioni sorreggenti un frontespizio ad ‘arco spezzato’; nello specchio centrale campeggiavano tre stemmi e una lapide commemorativa; l'altezza complessiva doveva essere prossima ad 8 metri. Il testo dell'iscrizione compare in una annotazione di Pasquale Mattej contenuta nel manoscritto “L'Ausonia” (1866-69) conservato nella Biblioteca Vallicelliana in Roma:
PHIL • II • CHAT REGNANTE PERAF • ALCALAE DVX PRO REGE RIVO ALTO PONTEM ALTVM IN OMNIBVS REBVS ALTA QVADAM MENTE PRAEDITVS ADDITIT M•D•L•XVIII
Con una libera traduzione si apprende che regnante Filippo II il Cattolico, il viceré Perafan duca d'Alcalà pose nel 1568 sul Rialto un ponte ardito, avendo in tutte le cose una certa ampia cognizione. Il duca d'Alcalà Pedro Afàn de Ribera, detto don Perafan, era nato a Siviglia nel 1508 ricoprendo la carica di viceré in Catalogna e poi a Napoli dal 12 giugno 1559 al 2 aprile 1571, data della sua morte. Condusse un’amministrazione distintiva per le opere pubbliche a difesa dai Turchi tra cui i Bastioni detti d'Alcalà a Napoli e le torri costiere. Degli epitaffi e delle relative epigrafi si fa comunque menzione nella “Pianta del real cammino di Roma da Napoli fin’al confine del Regno” (Bibl. Naz. Napoli, mss xv A 16) e nella “Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell’istoria generale del Regno di Napoli […]; D. A. Parrino, “Teatro eroico e politico de’ governi de’ viceré del Regno di Napoli dal tempo del re Ferdinando il Cattolico fino al presente” (Napoli 1770, pp. 181-82). Gli stemmi dell'Epitaffio dovevano essere quello della casa regnante al centro e ai lati del duca e della città di Gaeta, alla quale Castellone venne associato nel 1564, come appare nell'insegna sulla porta meridionale del castello. Il Mattej riferisce ancora che il monumento era in origine collocato sul piano del ponte e rimosso per l'ampliamento dell'attuale via Olivetani nel 1856-57, congetturando come le spalle di pietra a secco più a valle fossero appartenute ad un provvisorio ponte ligneo durante la costruzione di questo in muratura. Interessanti confronti tipologici, oltre ai contenuti epigrafici, possono farsi con i simili monumenti eretti dal duca tra i quali innanzitutto quello posto al Km. 109,500 nel comune di Monte San Biagio, adiacente la torre del vecchio confine pontificio detta appunto dell'Epitaffio. Analoga l'impostazione compositiva con un podio lungo m. 6,54 e largo 3,55 concluso dal medesimo redondone su cui è impostata la partitura verticale questa volta costituita da quattro erme su basi sorreggenti la trabeazione, in parte crollata, tutto per un'altezza circa pari alla lunghezza. È scritto di frequente che questo monumento sarebbe un reimpiego di un sepolcro romano, ma nulla di ciò può essere attribuito a quell'epoca. Nel campo centrale è inserita una lapide sormontata un tempo certamente da stemmi:
PHIL • II • CATH REGNANTE PERAF • ALCALAE DVX HOSPES HIC SVNT FINES REGNI NEAP • SI AMICVS ADVENIS PACATA OMNIA INVENIES ET MALIS MORIBVS PVLSIS BONAS LEGES M•D•L•XVIII
Omessa la consueta intestazione dice: “Ospite, qui sono i confini del Regno di Napoli; se vieni da amico troverai tutto tranquillo poiché sono eliminati i cattivi costumi con le buone leggi – 1568”. Ciò si ricollega agli efferati episodi di banditismo avvenuti nella zona nel 1567, per cui anche le teste delle erme potrebbero inserirsi in un generale messaggio intimidatorio. Più piccolo e semplice monumento è il cosiddetto Epitaffiello al Km. 113,200, sul lato opposto alla stazione ferroviaria di Monte San Biagio. Diruto in parte, esso è impostato su un basso plinto ed il podio, lungo m. 2,26 e largo 1,29, è concluso da una fascia su cui si eleva il campo liscio dell'epigrafe assai mutila e perciò così completata:
(Phil • II • Cath •) (regnante) (Peraf • Alcalae dux) (pro rege) V1AM LVTO ET STAGNANTE A(qua invasa) ET OB A VIATORIBUS DES(ertam abstergam) ET IN AMPLIOREM FORM(am pervium fecit) M•D•L•XVI(II)
la quale dice che la via invasa dal fango e dall'acqua stagnante e per questo abbandonata dal viandante bonificò ed in forma più ampia e praticabile fece - 1568. Anche qui la parte superiore opportunamente separata dall'epigrafe con una modanatura doveva contenere degli stemmi, come si può desumere dall'altro Epitaffio in località Sant'Andrea nel Comune di Fondi e prossimo al confine con Itri, sull'antico tracciato dell'Appia a 600 metri dall'incrocio con l'attuale al Km. 125,900. Il monumento possiede un podio in tutto analogo ai primi due, lungo m. 3,74 e largo 1,35, dove si sovrappone una partitura a campo liscio tutto occupato dell'epigrafe; la parte superiore diruta era verosimilmente destinata all'esposizione degli stemmi. L'epigrafe mutila per metà è stata così reintegrata (vedi: Fondi nei tempi, di M. Forte, Casamari, 1972):
PHIL • II • (Cath regnante) PERAF • (Alcalae dux pro rege) PONTEM VETVSTAT(em temporis ruptum) VNDE NOMEN TANT(um superat loco) MARMOREI LAPIDIS OPERE (magnifico extruxit) ALCALAE NOMEN PER S(aecula mansurum dederunt) (M•D•L•XVIII)
dove è detto che si realizzò il ponte, rovinato per il trascorrere del tempo, con un'opera ammirevole in blocchi di pietra, donde cotanta fama restasse nel luogo si diede il nome di Alcalà da rimanere nei secoli - 1568; dunque Ponte d'Alcalà. Altri epitaffi erano oltre il Garigliano. Notevole quello in località Vattaglia, già in passato privato della lapide e degli stemmi, probabilmente riferito alla costruzione di un ponte di legno sospeso su catene di ferro distrutto nel '600. Altri due furono collocati sull'antico tratto dell'Appia ora via Domiziana, in località Centore, al centro del ponte sul Fusaro come è rappresentato dal Rossini (1839), e al Ponte della Doccia nei pressi dell'antica Sinuessa, entrambi datati 1568. È anche documentata un'iscrizione del duca sull'antica porta di Mola (vedi: Natan Chytraeus, “Variorum in Europa itinerum deliciae […]”, (?) 1606, p. 48; A. Di Biasio in “Formianum” I-1993, p.105): PHILIPPE II CATH • REGNANTE PERAFAN ALCALAE DUX PROREGE SI QUIS AQUAM ET PONTES CONTEMPLETUR NATURAM ET ARTEM PULCHRITUDINE CERTANTES ITA DIJUDICET UT NEUTRI QUOD SUUM EST DEFICIAT “Regnando Filippo II il Cattolico viceré Perafan duca d’Alcalà. Se qualcuno voglia ammirare l’acqua e i ponti la natura e l’arte che gareggiano in bellezza valuti cosicché a nessuno dei due manchi ciò che è proprio”. Si conferma come la porta meridionale presso il castello venne costruita sotto il dominio spagnolo tanto da conferire il nome di Porta degli Spagnoli: in varie incisioni questa appare coperta da volta estradossata tipica della zona, con i soliti tre stemmi sopra il fornice. Il testo d’epigrafe, elegante e di elevato contenuto, pare ispirato agli autori classici e si riferiva evidentemente ai numerosi ponti che superavano i numerosi ruscelli sorgivi o “formali” distintivi del borgo di Mola. Emerge come il duca d'Alcalà abbia voluto restituire alla via Appia non solo la funzionalità di un tempo, ma anche la fama e la monumentalità dell'antica “Regina Viarum” in cui la memoria dell'artefice, a somiglianza degli antichi, rimanesse eternata nelle lapidi e che le stesse forme architettoniche degli epitaffi richiamassero gli splendori della classicità. Si conferiva così all'arteria una connotazione storica e culturale quale effettivamente andò sviluppandosi in particolare nel Golfo di Gaeta, apprezzato dai viaggiatori per la natura incantevole dei luoghi e per le sparse antichità. Il gruppo di monumenti e le notizie epigrafiche costituiscono documenti di notevole importanza per la storia della via e delle regioni che attraversa. Essi devono essere salvaguardati in un progetto di valorizzazione dell'itinerario culturale dell'Appia antica; infatti anche il modesto rudere di Rialto ed il ponte assumono ora l'identità di insopprimibile testimonianza del passato. Nelle immagini: L’epitaffio di Rialto in una cartolina d’Epoca, i ruderi del medesimo - dipinto di Pasquale Mattej contraffatto a firma di Angelo Viviani, che illustra il ponte di Rialto con l’epitaffio poi spostato sull’asse viario a metà Ottocento - l’epitaffio presso l’antico confine del Regno di Napoli, il monumento oggi - il cosiddetto Epitaffiello nel territorio di Monte S. Biagio - l’epitaffio e il ponte d’Alcalà all’imbocco della gola di S. Andrea verso Itri in un disegno di Carlo Labruzzi di fine Settecento, il monumento oggi - particolare della cinquecentesca incisione di J. Hoefnagel: il Castello di Mola e la Porta degli Spagnoli con i consueti tre stemmi relazionati all’epigrafe dell’Alcalà.

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