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lunedì 8 maggio 2023

LA VILLA ROMANA DI GIÀNOLA: NUOVE AZIONI PER LA SALVAGUARDIA - di Salvatore Ciccone
Presso il Centro Pastorale Parrocchiale di Giànola, il venerdì 28 aprile, si è tenuto l’incontro pubblico sul tema “La villa romana di Giànola risorsa da conoscere e difendere”, promosso dalle associazioni Gianolamare e Janus e dai comitati civici Acqualonga e Santa Croce, condiviso nei contenuti istruttivi dal parroco don Carlo e introdotto dal prof. Pasquale Scipione. Il convegno si proponeva di divulgare i valori dell’area archeologica sul promontorio di Giànola compreso nell’Area Naturale Protetta del Parco regionale naturale Riviera di Ulisse, potenziale risorsa per il miglioramento sociale e di una rigenerazione urbana del quartiere e della zona limitrofa. In questa finalità ho illustrato i resti della villa estesa su 90.000 metri quadrati e risalente alla metà del I secolo a. C., della quale il primo più dettagliato studio è quello della mia tesi di laurea in architettura pubblicato nel 1990 in “Palladio”, periodico del settore edito dall’Istituto Poligrafico dello Stato. Tra i miei ricorrenti contributi, quello da poco stampato è inserito nella rivista di studi storici “Latium”, annuale raccolta di più di 400 pagine dell’Istituto di Storia e Arte del Lazio Meridionale (ISALM) in Anagni e collegato al Ministero dei Beni Culturali. Questo lavoro è una sintesi delle conoscenze con le nuove acquisizioni provenienti dal primo intervento di recupero dell’edificio ottagonale, finanziato con fondi europei di 1milione di euro e che ho progettato e poi diretto con l’ingegnere Orlando Giovannone dal 2014 al 2016, ragguaglio dove sono chiariti aspetti problematici di precipua competenza dell’architettura, ma che nel frattempo hanno dato adito ad avulse, fuorvianti interpretazioni. Uno di quelli riguarda la sala centrale di quell’edificio, la cui forma ottagonale è ribadita dal pilastro centrale di sostegno di una volta di segmenti a botte, sala che pertanto rendeva intelligibile il tutto e certamente serbante il suo significato: ciò malgrado è stata interpretata come cisterna in seguito usata come sala funeraria. Altro aspetto è la struttura di collegamento tra l’edificio e l’impianto residenziale verso il mare, dichiarato come triplice serie di scale affiancate, in realtà caratterizzato da due gradinate coperte di sostegno e da altre due rampe a cielo aperto, poste ai lati di una corte denotata da rocce affioranti di complessivo scopo scenografico. In sostanza si sono restituiti il più attendibile aspetto e il significato dell’edificio, il quale rappresentava tipologicamente un “musaeum” ossia una grotta artificiale resa nell’anfrattuosità come nell’aspetto delle volte, nella cui sala ottagona buia è irrefutabilmente provata la captazione di una fonte e che tramite le cisterne animava tutta la villa; architettura che rappresentava una allegoria del mondo nelle credenze mitico-religiose e nelle concezioni filosofiche, scontatamente riferito a un corredo scultoreo, luogo temperato e d’uso per il colto “otium” dei Romani. Ma l’ulteriore novità sta nel chiarimento della copertura, ora delineabile in una terrazza panoramica attorno ad un anello di terreno, tale da apparire come tumulo verdeggiante che includeva una corte con al centro un pilone sepolcrale culminato da statua: dunque la parte superiore devoluta ad estrema dimora del proprietario. L’edificio che derivava dai “musaea” ellenistici, risultava quindi non di univoca funzione, e per questo oggi poco comprensibile, sicuramente anche devoluto al culto privato di una divinità tutelare della fonte, forse quello di Diana, l’arcaica “Jana” da cui deriverebbe il nome del luogo. Nel convegno ho quindi espresso la problematica dei pur necessari interventi di conservazione delle strutture e di quelli adeguati alla pubblica fruizione, ciò nel rispetto del contesto naturale in cui i monumenti si sono integrati nei secoli e che rappresentano la precipua caratteristica distintiva dell’intera Area Protetta, la cui tutela è prescritta nella Legge Regionale n. 15/1987 istitutiva del Parco Suburbano di Giànola e del Monte di Scàuri. Questa tematica si è resa indifferibile a fronte dei successivi lavori nell’area archeologica, condotti nel 2020-2021 totalmente dalla “Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Frosinone, Latina e Rieti” con finanziamento del Ministero per i Beni Culturali di 800mila euro. È infatti in questa occasione che i percorsi, realizzati nel precedente intervento in terra battuta, sono stati materializzati in calcestruzzo armato, larghi due metri e per una lunghezza di circa 200 metri. Di più si sono create terrazze panoramiche con transenne di acciaio sulle coperture della scala voltata “Grotta della Janara” e su quella della cisterna “Trentasei Colonne”, qui sbancando i soprastanti strati di terreno tecnicamente contestuali alla struttura. Risulta da ciò scompaginata un’area di circa 10.000 metri quadrati, deturpato il paesaggio e distolta la relazione tra le parti della villa, inoltre interrotta nella continuità dalla recinzione dell’area stessa. L’acme dell’intervento si raggiunge presso la parte scavata dell’edificio ottagonale dove la copertura provvisoria è stata sostituita da una definitiva prepotentemente ancorata ai resti, distolti nella visuale dalle linee aliene di un bagno per una sola persona. Questi allestimenti si rendono inammissibili sia nel comune buon senso e pertanto da chiunque contestabili di diritto, sia nel sapere dello specifico settore e difatti vietati dalla legge istitutiva del Parco, dove anche l’intervento dell’organo superiore dello Stato come la Soprintendenza deve essere congruente ai fini della conservazione dell’Area Protetta, come pure non può tacitare un così grave accadimento. Non occorrono infatti particolari perizie per accertare gli effetti lesivi di queste opere che invalidano gli stessi scopi istituzionali del Parco nella conservazione dell’ambiente e nella sensibilizzazione culturale della comunità, verso le quali occorre intervenire per un ripristino dello stato originario dei luoghi, non importa quanto costerà e chi ne dovrà rispondere, contestualmente ad un più attento recupero alla comprensibilità che la villa romana assolutamente originale reclama. Si porterà avanti l’informazione a far proprie presso la cittadinanza queste esigenze indifferibili e fin quando non verranno soddisfatte per il miglioramento sociale ed economico di Formia.
Didascalie delle Immagini A - Spaccato restitutivo dell’edificio ottagonale (S. Ciccone da “Latium” 2022): 1-Strato acquifero e 2-sigillatura con 3-vasca di captazione; 4-peribolo, 5-sale perimetrale e con 6- abside; 7-pilone sepolcrale con 8-tumulo ad anello e 9-terrazza panoramica. B – Ricostruzione dell’edificio con il collegamento verso la villa (S. Ciccone da “Latium” 2022). C- Viste di parte degli allestimenti più recentemente realizzati per la pubblica fruizione. D – L’area oggetto degli interventi dal satellite: a sinistra nel 2016; a destra nel 2021 segnata dalle superfici di calcestruzzo

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