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mercoledì 31 maggio 2023

SANT’ERASMO E SANT’EFISIO MARTIRI TRA FORMIA E SARDEGNA di Salvatore Ciccone
In prossimità della ricorrenza di Sant’Erasmo, mi è venuta in risalto la data della morte di questo martire a Formia, il 2 giugno del 303 dopo Cristo, con quella di un altro santo che dal lido di Formia si portò in Sardegna per soccombere al supplizio, il 15 gennaio del medesimo anno 303: Sant’Efisio, tra quelli rappresentativi dell’Isola e co-protettore di Cagliari. Il calendario dei due episodi è naturalmente fissato negli specifici martirologi che però sono di oscura origine e sostanzialmente scritti in epoca medievale elaborando su modelli e laddove non si avevano notizie assimilando la vita di altri Santi; per questo non è qui il caso di fare una analisi dei testi persino ardua agli specialisti. La “Passio” di Sant’Erasmo è stata scritta da Giovanni di Gaeta, monaco benedettino in Montecassino, eletto papa col nome di Gelasio II dal 1118 al 1119, il quale nel prologo dichiara di aver elaborato il testo attingendo da varie fonti e con cognizione dei luoghi in Oriente avute da alcuni confratelli. In sintesi, Erasmo, giovane di rara bellezza, divenne vescovo di Antiochia capoluogo della Siria e per questo, in base all’editto emanato da Diocleziano, tenuto ad officiare la divinità dell’imperatore, cosa che in base alla sua fede si rifiutò di fare e perciò sottoposto a tremende torture dalle quali scampava miracolosamente. Di sostegno gli fu l’Arcangelo Michele, il quale da ultimo lo condusse a Formia. Qui predicò per sette giorni fino alla morte per i patimenti subiti, il 2 giugno dell’anno 303, e il suo corpo sepolto nella parte occidentale della città presso l’anfiteatro: invece localmente si vuole martirizzato per eviscerazione, in uno degli ambienti del teatro romano presso il rione Castellone, detto “il Cancello” da una palizzata protettiva del luogo di culto. Il suo corpo venne trasferito a Gaeta al sicuro delle incursioni degli Agareni, ossia i Saraceni, dove venne riscoperto ed intitolato la cattedrale della nuova “civitas” marinara. È così che si trova protettore dei naviganti, del quale la presenza durante le tempeste si credeva fosse nelle luminescenze elettrostatiche tra le alberature delle navi, i fuochi di S. Ermo o Elmo, già ricondotte ai Dioscuri dai Romani. Dagli scavi eseguiti dal 1970 nella chiesa parrocchiale, ex cattedrale di Formia dedicata al Santo, sono venute in luce importanti testimonianze tardoantiche ed altomedievali del luogo di culto, sostanzialmente originate da un’area sepolcrale pagana, in cui sorse un “martyrium”, un sacello ad includere con un altare un precedente sepolcro ormai privo di spoglie, evidentemente quelle del Santo poi trasferite a Gaeta. A questo piccolo edificio di culto si unirono numerose sepolture cristiane “ad corpus”, quindi, come ho identificato, in breve tempo integrato da una basilica a navata unica, costruzioni certamente realizzate dopo l’editto di Costantino del 313 con il quale si liberalizzava il cristianesimo. In fasi successive il complesso si arricchì di elementi funzionali, tra i quali intorno al VI secolo una cripta semianulare sotto l’altare maggiore della basilica per accogliere le spoglie del Santo; quindi un ricco apparato decorativo di stile carolingio avutosi tra VIII e IX secolo, prima che intervenisse la devastazione saracena che si vuole avvenuta nell’846. Con la presa di possesso dei monaci benedettini nel X secolo e poi dal 1491 di quelli Olivetani, si è avuta la trasformazione in abbazia e la chiesa evoluta in tre navate, con l’altare privilegiato posto in corrispondenza della tomba originaria, ma da secoli occultata. Riguardo a Sant’Efisio le varie fonti non sempre concordi comunque attestano la veridicità del personaggio in Sardegna oltre che la situazione nel quale esso si è mosso proprio dalla sponda campano-laziale verso l’Isola, dove si documentano traffici commerciali e eventi accorsi nello stesso Medioevo; anche qui la sintesi è d’obbligo. Efisio era di famiglia eminente di “Aelia Capitolina”, come era Gerusalemme rinominata dai Romani, figlio di Cristoforo, cristiano, e della pagana Alessandra. La madre, profittando della venuta di Diocleziano ad Antiochia riuscì ad avere udienza, supplicandolo di prendere il figlio come suo militare. L’imperatore, ammirato dalla bellezza del giovane, gli affidò la repressione dei cristiani e qui, come Saulo (Paolo) sulla via di Damasco fu oggetto di un prodigio, vedendo apparire in cielo una croce sfolgorante con la voce di rimprovero di Gesù, croce che rimase impressa sulla palma della mano destra, ciò che convertì il giovane. Si portò quindi a Gaeta, dove evidentemente la “Passio” scritta nel XII secolo considera la città che aveva preso il posto dell’originaria malsicura Formia, questa all’epoca di Diocleziano fiorente e della quale il naturale “portus Caietae” era parte integrante. Qui egli si sarebbe fatto realizzare una croce d’argento che miracolosamente venne iscritta in ebraico con i nomi degli arcangeli. Inoltre in questa permanenza si portò a combattere con il suo esercito gli invasori Agareni, uccidendone 12.000; altro chiaro sfasamento storico nell’età del documento, ma che in riferimento alla vittoriosa Battaglia del Garigliano del 915, pare che Efisio possa essere stato invocato dalle truppe Bizantine. Sbarca quindi a Tharros in Sardinia, per risolvere una aggressione di barbari, cioè dei Barbaricini. In questa terra egli manifesta la sua fede, addirittura scrivendo all’imperatore di convertirsi, il quale naturalmente lo fece arrestare e sottoporre a torture, dalle quali rimase miracolosamente indenne finché non venne decapitato a Nora, altra fiorente città romanizzata, oggi presso Pula dove è una chiesetta romanica eretta sul luogo del martirio. Sant’Efisio ha avuto grande impulso quando nel 1656 fu invocato con grandi promesse per liberare Cagliari dalla peste, come fu e da allora il Martire è oggetto di grandi festeggiamenti dal 1° al 4 maggio con una caratteristica processione che dall’omonima chiesa di Cagliari vede il simulacro sfilare in un pregiato carro per quaranta chilometri fino a Pula, luogo del martirio, con largo seguito di fedeli provenienti da tutta l’Isola. Dunque Sant’Erasmo e Sant’Efisio, due giovani ardenti nella nuova fede di salvezza, da Antiochia giunsero a Formia, chissà se in qualche modo connessi, attestandone l’importante nodo di traffici tra la via Appia e le rotte marittime dall’Oriente verso Roma e l’occidente dell’Impero, come pure di culture, di nuovi culti di cui vincente fu il Cristianesimo. Bibliografia essenziale - S. Ciccone, La Cattedrale dell’antica Formia, “Lunario Romano” 1987 - Cattedrali del Lazio, Roma 1988, p. 325 segg. - R. Zucca, Il Portus Caietae in una fonte agiografica: la Passio Sancti Ephyfii, “Formianum” VII-1999, Marina di Minturno 2007, p. 97 segg.
Didascalie immagini 1 – La statua di Sant’Erasmo conservata nella chiesa titolare ex cattedrale di Formia in prossimità del rione Castellone (foto di Fausto Forcina). 2 – La statua di Sant’Efisio, presso l’omonima chiesa barocca nel rione Stampace di Cagliari.

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