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mercoledì 22 febbraio 2023

PISCINE NELL’ANTICO PAESAGGIO DA SPERLONGA-GROTTA DI TIBERIO A FORMIA di Salvatore Ciccone
Nel precedente articolo ho esposto come la via costiera fatta costruire dal censore Lucio Valerio Flacco nel 184 a.C. e che si vuole da Terracina a Formia, in realtà partisse da Fondi e la sua opera effettiva fosse il superamento delle falesie tra Sperlonga e Gaeta per raccordare due distinti percorsi preesistenti. Livio scrive che la via fu condotta “verso la roccia alle acque di Nettuno e per i monti formiani”, improbabile cenno alla roccia del “Pisco Montano” di Terracina molto distante dai monti di Formia; quella è invece da di indentificare con la rupe di “Bazzano” sul lido retrostante la Grotta di Tiberio a Sperlonga e in cui ricadeva l’antico confine del municipio formiano. Le acque di Nettuno potevano riferirsi alle copiose sorgenti presenti nella zona, dove ho rilevato l’esistenza di un originario lago costiero in cui realmente si ambientava la villa imperiale di Tiberio “Speluncae”, con l’ampio antro naturale in cui, nell’ambito di un’ampia piscina circolare, sono stati rinvenuti gruppi statuari sulle gesta di Ulisse. La via salda idealmente sulla costa gli antichi territori delle città di Fondi e Formia, nonché l’esemplare residenza imperiale alla catena di “villae maritimae” sull’antico litorale formiano e alle connesse “piscinae”, di cui una da me rilevata per estensione è raffrontabile con quella nella Grotta di Tiberio. La piscina è antistante la punta del monte Conca, lungo la stessa “via Flacca”, e rimarca il contorno della villa a forma di trapezio isoscele raccordata all’estremo cantone dell’argine con una vasca circolare: il suo diametro di 29,57 metri è 100 piedi romani (1 piede = m. 0,2957) e si rapporta alla lunghezza della piscina di 300 piedi e alla larghezza di 50. Dunque qui è dominante la geometria dell’impianto, associato alla contenuta area della villa per aumentarne la consistenza e con il cerchio a ribadire nel paesaggio la preminente curva del golfo. Si evidenzia perciò come alla specifica funzione di allevamento ittico in rapporto alla natura vi si connotavano qualità estetiche su precisi criteri proporzionali di valenza architettonica. Nella “Spelunca” la piscina circolare è condizionata con un minore diametro di 21,35 metri, ma invadendo l’antro, minimizzando il passaggio tra l’acqua e le rocce, appare più vasta e risalta verso l’apertura intersecando una vasca esterna rettangolare. In questa è collocato un isolotto con annessi scomparti e sul quale era allestito il triclinio rivolto verso l’interno della cavità. Nelle pareti della stessa vasca sono inglobate parti di anfore di consueto predisposte come tane per i pesci, ma che fanno risaltare una anomalia nell’alimentazione idrica dell’impianto. Attualmente queste tane si trovano a circa un metro sopra il livello medio del mare, sicché non avrebbe potuto sommergerle: impossibile un bradisismo che ha elevato la costa, perché se fosse stata più in basso tutta la parte litoranea della villa sarebbe stata invasa; nemmeno è credibile che si allevassero pesci d’acqua dolce utilizzando le fonti dell’antro, qualità poco gradite a fronte di quelle marine, lì davanti. La spiegazione è fornita da due canali appaiati e comunicanti con la vasca quadrangolare: uno largo e certamente di spurgo, l’altro proveniente dalle pendici fuori la grotta e connesso ai resti appena visibili di un serbatoio. Dunque l’alimentazione periodica della piscina doveva avvenire tramite l’innalzamento di acqua marina con le macchine idrauliche allora disponibili: una ‘noria’ a catena di vasi oppure una pompa aspirante a leva “di Ctesibio”. Comunque tutto ciò non basta ad ammettere la sequenza per circa 400 metri di costruzioni esposte ai marosi senza alcuna protezione e difatti oggi squassate. Ho lungamente esaminato le strutture e queste risultano essere state fondate in acqua con getti di malta idraulica, capaci cioè di indurire in cassoni di legno immersi nel mare. Ma era il mare? No, in assenza di consistenti opere protettive quali delle scogliere. Facendo riferimento anche a dati geologici ho così concluso che doveva esserci un lago costiero sia pur limitato, talché la villa sarebbe stata ambientata in una doppia entità acquea, marina e lacustre, di massima esaltazione paesaggistica. La piscina si trova in un specchio d’acqua arginato nel lago per evitare ristagni, alzarne il livello per farlo fluire lungo la parte propriamente abitativa della residenza e sfociare presso una bocca e un approdo. Di questa situazione si trova persino traccia nell’epigrafe in versi esametri trovata nell’antro, dove si menzionano emotivamente le scene eroiche di Ulisse come l’ambiente tra cui “vivi laghi”, vale a dire naturali. Riguardo ai motivi ispirativi, al solare paesaggio marino della piscina di Conca, la “Spelunca” quale ventre della terra evocava significati occulti, gli inferi e il tema della morte, insiti nell’allestimento scultoreo. Tuttavia nell’ambito della piscina circolare le raffigurazioni si presentavano accozzate e visivamente interferenti così da sminuire di ognuna lo specifico momento espressivo: al centro Scilla che vorticosa assalta la nave di Ulisse, ma anteposta all’accecamento di Polifemo ed entrambe anticipate dai gruppi di Ulisse e Diomede nel ratto del Palladio e di Ulisse con il cadavere di Achille, sui due ritagli con la vasca quadrangolare. Anche considerando un diverso gusto improntato alla spettacolarità d’insieme, la disposizione sembra suggerire una sottesa componente ordinativa. Ho perciò ravvisato come la piscina circolare significasse il circuito celeste in cui le sbalordenti sculture si trovano rapportate in analogia a miti fissati nelle costellazioni e ricordanti il generale accalcamento degli astri: Scilla che avvolge i marinai come le spire del Dragone alle Orse, Polifemo ubriacato e accecato come il gigante Orione dai satiri; quindi i due gruppi minori, alle costellazioni dei Gemelli e al cosiddetto “Inginocchiato”, rispettivamente Ulisse e Diomede e Ulisse genuflesso a sostenere Achille. La medesima analogia è rimarcata sull’apertura arcuata dell’antro, al colmo l’Aquila di Giove nel rapire Ganimede, alle estremità Andromeda legata alle rocce e la prua della “Navis Argo”: elementi non attinenti all’Odissea, ma si riferiscono ad altrettante costellazioni, come di consueto rappresentate su alcuni archi in similitudine al cielo. Alla generica forma circolare, certamente adatta alla cavità e al più accomunata al mare, all’apparenza stupefacente pur incline all’orrido, si nasconde un più dotto significato nel rapporto tra terra, mare e cielo, tra le gesta di Ulisse e i personaggi elevati a costellazioni tutte relazionate agli Argonauti, tra i quali c’era anche Laerte, padre di Ulisse. Si deve poi considerare che gli astri secondo Esiodo sarebbero stati sprigionati dalla terra, in Omero dalle acque, due componenti fondamentali espressi nell’antro. Questa acquisizione, che sviluppa ulteriori riscontri interpretativi della “Spelunca”, mi induce a ritenere che questo allestimento fosse stato prodotto non per l’imperatore Tiberio, ma per gli imperatori Flavi cui senza dubbio risalgono i rifacimenti e le sculture sull’apertura dell’antro, del quale l’ostentata sfarzosità e il gusto riconducibili a Flavio Domiziano sul finire del I secolo d.C. Probabilmente fu di ispirazione il nuovo poema epico “Argonautica” di Gaio Valerio Flacco, di Sezze, ultimo componente noto della famiglia di quello dell’omonima via, scritte su modello virgiliano per celebrare l’imperatore Flavio Vespasiano per aver aperto nuove rotte e sviluppato i commerci via mare, considerato persino tra gli astri a guida dei naviganti. Le piscine circolari esaminate dimostrano come queste realizzazioni fossero determinate nella sintesi dell’architettura che Vitruvio dice madre di tutte le arti; i reperti e gli studi archeologici devono pertanto nelle singole interpretazioni trovare finalità in una pari elaborazione d’insieme, per far sì di recepire da queste testimonianze gli aspetti del passato, una identità propositiva nel presente, un senso alla stessa ricerca. Le più estese trattazioni sono state da me pubblicate negli Atti del Convegno “Formianum” IX-2001, Caramanica Editore 2021, ISBN 978-88-7425-326-5; in generale sull’argomento delle “piscinae” in “Formianum” IV-1996, idem ed. 1998, ISBN 88-86261-63-2.
DIDASCALIE DELLE IMMAGINI: 1 – Il tratto litoraneo presso Sperlonga distinto dalla roccia “Bazzano”, antico confine di Formia. 2 – La Grotta di Tiberio e il tratto di costa percorso dalla via di Lucio Valerio Flacco: Il moto ondoso indica il basso fondale che rivela l’originaria laguna con la villa espresse nella ricostruzione (S. Ciccone, 1995). 3 – La “piscina” in località Conca lungo la via Flacca, vista attuale da monte e nella ricostruzione ideale della “villa maritima” (S. Ciccone, 1996). 4 – Villa di Tiberio. Sopra, le strutture dei portici interrotte dal mare e che manifestano il diverso ambiente originario. Sotto, sintesi di rilievo: 1 - bacino lacustre con peschiera prolungata nella Grotta e - 2 - padiglione residenziale; 3 - parte terminale del bacino verso lo sfioratore con - 4 - scogliera protettiva verso la bocca del lago; 5 - banchina trapezia di ormeggio (Ciccone, 1995). 5 – Villa di Tiberio, la piscina circolare invasiva dell’antro: al centro base del Gruppo di Scilla e sulla banchina il fondale del gruppo di Polifemo.

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