“La morte di Pulcinella all’assedio di Gaeta” non è un romanzo, nè un film, bensì il titolo di un dipinto ad olio su tela di grandi dimensioni, realizzato dal pittore Domenico Purificato nell’anno 1975. Domenico Purificato, nato a Fondi nel 1915, contemporaneo e conterraneo di una generazione di grandi personaggi come il regista Giuseppe De Santis, lo scrittore e poeta Libero De Libero, il giornalista e politico Pietro Ingrao e tanti altri, tutti uniti da un filo di amicizia e legati alla terra di Fondi.
Amante della cultura della propria Città, nelle sue tele osserviamo i volti scavati dei contadini, la misticità dei campi, gli aranceti, il profondo amore che lo legava ai suoi amici. Purificato non fu solo un valente pittore; collaborò con l’amico Giuseppe De Santis alla realizzazione di sceneggiature, disegnando i costumi per vari film. Si dedicò, con notevole successo, anche alla saggistica, alla narrativa, alla televisione e al teatro, allestendo scenografie per commedie e balletti.
La passione per la storia risorgimentale del basso Lazio lo portò a dipingere l’enorme tela, circa 3 m x 2,20, che nella sua vivacità di colori descrive in modo grottesco la cacciata dei Borboni da Gaeta, una delle pagine più tristi dell’Assedio del 1861. Forse influenzato dalla lettura del libro di Carlo Alianello (1901 – 1981), il capo scuola dei revisionisti storiografici sul Risorgimento, “La caduta del Sud”, in cui viene descritta l’unificazione dell’Italia, non già come una liberazione, ma come una tragica invasione da parte di un Paese straniero, Purificato riproduce in un emblematico carnevale i personaggi protagonisti della resa di Gaeta, dipingendo un popolo che assiste inerme alla morte della città, con le sembianze di una donna a seno scoperto, un Pulcinella che simboleggia Francesco II di Borbone, ambedue sorretti da altri due Pulcinella. In quest’opera Domenico Purificato, descrive i suoi personaggi nel rispetto della tradizione popolare napoletana, con colori molto vivaci che contrastano con la tristezza dell’avvenimento, mescolando dolore e gioia, realtà e finzione, come se su un immenso palcoscenico si stesse interpretando un’azione dal sapore teatrale. Le figure raggruppate si sovrappongono come se ognuna volesse prendere parte attiva alla tragedia che si sta consumando. Lo sguardo di chi contempla l’opera resta coinvolto nell’immensità del dipinto. L’intento di Purificato non era certo quello di voler sbalordire lo spettatore, ma di coinvolgerlo, raccontando con le sue figurazioni la caduta dell’ultima roccaforte borbonica. Vorrei concludere questo breve tributo ad un Artista della nostra terra, menzionando un'altra pregevole opera, olio su tela del 1938: ”I due amici”, al proprio autoritratto, Purificato ritrae l’amico Pietro Ingrao (a destra), in un gesto di affettuosa amicizia che è durata una vita.
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