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lunedì 23 gennaio 2023

IL VASO DI SALPIONE RINVENUTO A FORMIA

Tra i più importanti reperti archeologici rinvenuti a Formia c’è sicuramente un enorme vaso risalente al primo secolo a. C., opera di Salpione l’Ateniese, di scuola neoattica, corrente artistica sviluppatasi ad Atene nel tardo periodo ellenistico, sec. II-I a. C.; oltre a Salpione vi aderirono altri scultori come Callimaco, Cleomene, Apollonio. 
L’enorme vaso in tutta la sua superficie scolpito in rilievo, rappresenta l’educazione di Dioniso-Bacco, descrivendo Leucotea che da sopra una rupe, riceve Dioniso-Bacco infante dal dio Ermes-Mercurio. Nella scena compaiono Satiri e Baccanti che danzano al suono di timpani, flauti e altri strumenti. In alto si nota una epigrafe in lingua greca dove si legge che l’opera fu eseguita dallo scultore greco Salpione: “Salpione Ateniese fece”, nella sua traduzione letterale.
Il vaso fu rinvenuto su una spiaggia di Formia da alcuni pescatori. Non fu apprezzato per il suo valore storico e venne usato come ancoraggio per le barche, usurandone l’aspetto e in parte danneggiandolo, al di sotto del mento e delle figure scolpite, come si evince dalle orme e dagli incavi, prodotti in varie parti dall’attrito delle gomene. 
É molto probabile che questo vaso appartenesse ad un tempio dedicato a Dioniso-Bacco, esistente, verosimilmente a “Formiae” e che fosse utilizzato forse per la conservazione delle acque lustrali, usate nei riti di purificazione in uso presso gli antichi Romani. Le feste lustrali erano cerimonie purificatrici, celebrate a Roma ogni cinque anni, durante le quali si sacrificava agli dei e si purificava il popolo aspergendolo con la stessa acqua lustrale che era destinata alla vittima del sacrificio.  Il vescovo spagnolo Pietro VII de Oña, sulla cattedra gaetana dal 1605 al 1626, profondo conoscitore ed appassionato di archeologia, notò il vaso e lo fece trasportare nella cattedrale di Gaeta, per utilizzarlo come fonte battesimale. Adagiato sopra un gruppo marmoreo formato da quattro leoni disposti sulle diagonali di un quadrato risalente al XIII secolo, per quasi due secoli quest’opera pagana fu usata dalla chiesa cattolica. É singolare ritrovare un medesimo uso di un manufatto (la conservazione dell’acqua sacrale) in diverse situazioni religiose. Nel culto cattolico l’acqua benedetta viene utilizzata per l’aspersione dei fedeli nel corso delle celebrazioni liturgiche e richiama direttamente la dignità battesimale di ogni credente, che rinasce a nuova vita e viene innestato nella vita di Cristo e della Chiesa. 
Nel 1805 il Vicario apostolico di Gaeta Giuseppe Iannitti fece trasferire nel Real Museo Borbonico l’opera di Salpione e fece sostituire il fonte battesimale con una vasca neoclassica. Nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si può oggi ancora ammirare in tutto il suo splendore questo bel monumento dell’arte greca.

Nelle immagini: due incisioni del vaso con lo sfondo della torre di Mola e della veduta di Gaeta, eseguite su lastra di rame all’acquaforte, disegnate dal vero ed acquerellate a mano da Francesco L’Aquila, sono tratte dal volume: “Raccolta di vasi di diversi formati da illustri artefici antichi”, pubblicato a Roma nel 1713 da Lorenzo e Domenico de Rossi. il vaso adagiato sopra il gruppo marmoreo dei quattro leoni ed infine come venne rappresentato nel volume catalogo, di Domenico Monaco, del Museo di Napoli edito a Napoli nel 1895. 

sabato 7 gennaio 2023

LA SPIAGGIA DI SARINOLA E LA PESCA DELLE PINNE NOBILIS
La spiaggia di Sarinola, prima che l'imbonimento realizzato per il passaggio della Litoranea la facesse scomparire, era una piccola darsena che veniva utilizzata da poche barche e giovani bagnanti nella bella stagione. Il mio pensiero si ferma ad un ricordo di quando ero un ragazzino e mi recavo a Sarinola con altri compagni. Il mare allora era limpido e balneabile e noi oltre a fare il bagno pescavamo le pinne nobilis, le più grande conchiglie bivalve del Mediterraneo, che chiamavamo “ventagl” e che abbondavano nelle acque basse e pulite del porto. Aperta la conchiglia, che poteva arrivare a misurare anche 60 – 80 cm, veniva svuotate del frutto, che non era commestibile, e venduta ai pittori locali che la utilizzavano decorandola con la loro pittura.
Nelle immagini una rara fotografia della piccola darsena risalente all'inizio degli anni Cinquanta e due fotografie della pinna nobilis, fuori e immerse nel fondo marino.