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lunedì 11 dicembre 2023

I COLLAGE SICILIANI DEI COSTUMI DEL REGNO DI NAPOLI
L'arte del collage (unire e assemblare materiali eterogenei per creare opere d'arte), particolarmente popolare nel XX secolo grazie ad artisti come Pablo Picasso e Georges Braque, ha visto il contributo significativo di artisti siciliani tra il XVIII e il XIX secolo. I Collage Siciliani dei Costumi del Regno di Napoli, rappresentano chiaramente esempi precedenti di opere realizzate con la tecnica del collage. La serie "Costumi del Regno di Napoli" è stata creata nel contesto di un progetto ordinato da re Ferdinando IV per documentare gli usi e i costumi delle classi popolari. Gouaches e acquarelli eseguiti da pittori meridionali, come Alessandro D'Anna, hanno dato vita a stampe riprodotte a partire dal 1793 per volere del Re. Queste stampe hanno influenzato la creazione di collages polimaterici, in cui materiali eterogenei come tessuti, metallo e carta vengono combinati per formare opere uniche. Artisti siciliani, tra cui Gaetano Ognibene, hanno giocato un ruolo chiave nella diffusione di questo genere. Questi collages sono caratterizzati dall'uso di colori caldi e materiali diversi, come tessuti, laminette metalliche, fili cartacei, mica e tartaruga. Inoltre, accenni paesaggistici ridotti e la ripetizione di soggetti in varianti minime da parte degli artisti sono evidenti nei collages. Infine, questi lavori non solo documentano i costumi del Regno di Napoli, ma rappresentano vere e proprie opere d'arte autonome, tra le più originali espressioni delle arti decorative siciliane tra XVIII e XIX secolo.
Nelle immagini due collages di costumi tradizionali: uomo e donna di Castellone e donna di Scavoli (Scauri), facenti parte della serie dei Costumi del Regno di Napoli  firmati da Gaetano Ognibene e datati 1800.

martedì 5 dicembre 2023

CICERONE E UN TEMPIO AD APOLLO A FORMIA di Salvatore Ciccone
Il 7 dicembre ricorre l’uccisione di Cicerone, storicamente avvenuta presso la sua villa di Formia in quel giorno del 43 a.C., proscritto in fuga da Roma e ad opera dei mandatari di Marco Antonio. Il luogo dove sarebbe avvenuto l’episodio, indicato dagli scrittori classici presso “Cajeta”, sarebbe rispondente alla zona tra il lido di Vindicio e la valle di Pontone: qui si situa il grande sepolcro detto prima “Torre” e poi “Tomba di Cicerone”, attribuzione supportata da documenti e dalla tradizione risalenti all’alto Medioevo, quando quell’ambito veniva indicato “vico ciceriniano”, ossia la tenuta di Cicerone. Il sepolcro turriforme alto oltre 20 metri, ridotto alla sua ossatura strutturale, è incluso in una vasta area funeraria quadrangolare recintata di circa 5.000 metri quadrati allineata con il lato più lungo alla via Appia. In prossimità di essa, a nord-est del recinto, si trova sepolto un viottolo largo circa m. 2,20 a lastre calcaree, parte sacrificata di un lungo percorso rettilineo ortogonale al mare rimasto in tracce, certamente di uso privato, che incrociava la via litorale identificata con quella tracciata nel 184 a. C. dal censore Lucio Valerio Flacco: vicino al litorale il viottolo separa i resti di due ville, quella occidentale consistente nell’ampio basamento con fronte a nicchie e ubicata nella stessa fascia di terreno del monumento, verosimilmente parte di un unico podere. Riguardo la localizzazione della villa formiana di Cicerone, tra gli elementi tramandati vi è quello della vicinanza di un tempio ad Apollo “affacciato sul mare” (Plutarco, Vite parallele, Cicerone, II, 47), colpito nell’anno 182 a.C. da un fulmine e collocato nel territorio di Formia presso “Cajeta” (Livio, 10. 4. 1). Secondo il racconto di Plutarco, da quel tempio si levarono dei corvi per posarsi sull’alberatura della nave del fuggitivo Cicerone, mentre costretta dal mare avverso prendeva terra e dove ancora quelli lo seguirono nella sua villa con grande schiamazzo e di funesto presagio. Il toponimo “Vindicio”, che si legge nella forma più antica “vindici”, viene semplicisticamente fatta risalire a vindex (vindicis), il luogo della vendetta di Antonio, oppure ad un possedimento di Caio Giulio Vindice. Invece il termine oltre che “vendicatore” può significare “salvatore” tra i possibili epiteti di Apollo; pertanto vindici (dativo) “al salvatore” con valore locativo o dedicativo in riferimento al tempio, dominante su questo tratto di mare affidato alla protezione del dio. La villa litoranea corrispondente al sepolcro si trova nel tratto iniziale dell’insenatura indicata “portus Caietae”, vantaggioso approdo naturale allora nel municipio di “Formiae”. Nella prossimità orientale della villa, dalla via Vindicio (via Flacca) sporge sul mare una platea compatibile all’ubicazione di un tempio. I resti strutturali, già visibili in passato, sono risaltati in una progressiva azione erosiva del mare che fece affiorare nella parte frontale un’antica scogliera protettiva: tale condizione si manifesta già avuta e fissata negli anni 1920-30 in alcune cartoline. La platea reimpiegata alla fine degli anni 1960 per uso di un adiacente stabilimento balneare è di forma rettangolare di circa m. 11 di lato dalla strada e almeno di m. 25 sul fronte mare, con una altezza intorno ai due metri dal lido. È limitata da tratti di muro in “opus reticulatum” di fine Repubblica o età augustea, su fondazione cementizia che ne testimonia la massima dimensione. Particolare è la soluzione di raccordo con la via antica, certo compresa e non molto discosta dall’attuale, consistente in una deviazione obliqua del muro a 45 gradi in suo favore quale invito all’accesso; non meno importante è sulle pareti reticolate la presenza di un rinfianco di muratura cementizia come rinforzo e virtualmente di ampliamento, forse in relazione ad un evento marino che determinò la posa della scogliera protettiva. La platea si trova centrata rispetto ad una viuzza di antica presenza e che infatti in tracce e in mappe si rileva parallela 100 metri oltre l’altra delle ville e del sepolcro, fino all’Appia. Questa disposizione relazionata alla via pubblica e a questa traversa diretta al centro dello spiazzo è una ulteriore indicazione sulla possibile relazione ad un tempio che idealmente viene spontaneo immaginare di forma circolare. Nel ripascimento della spiaggia, praticamente cancellata dalla poderosa mareggiata del 1987, le strutture sono state insabbiate tanto da scorgersi a malapena le parti in opera reticolata. Con i recenti lavori di ampliamento del lungomare, piuttosto che utilizzare questo storico spiazzo, sebbene implicato a concessioni private, se ne è prodotto un altro immediatamente congiunto sul lato occidentale, celando parte delle antiche testimonianze. Durante gli stessi lavori venne inglobato il muro del lungomare a blocchetti di pietra realizzato dai Borbone intorno il 1850 e demolite le caratteristiche spallette con copertura “a bauletto” di cocciopesto: dietro il muro, nel tratto susseguente alla piattaforma, vennero in luce le strutture sostruttive cementizie della via romana e poi i resti di vasche ornate, in corrispondenza della base di villa con nicchie. Per queste vasche si è escluso che vi passasse una via, deduzione non provata per il ridotto ambito di scavo longitudinale e non trasversale alla strada attuale, oltre che inficiata dalla documentazione e dalla stessa oggettiva situazione; invece si può supporre una intenzionalità di monumentalizzare un tratto della strada connessa al “Formianum”, la villa d Cicerone, come del resto si rileva dagli studi recenti in funzione del recinto del sepolcro, per il quale un tratto di più di 80 metri della via Appia venne posto in piano, intervento non certo eseguibile per scopi privati. Certo è che in questa terra si compì uno degli episodi storici universalmente noti e cruciali della storia di Roma e della cultura occidentale; sarebbe opportuno che le testimonianze di quel periodo nel sito potessero essere parimente riconosciute e valorizzate. Una più estesa e documentata trattazione dell’argomento in S. Ciccone, Osservazioni sull’architettura della Tomba di Cicerone a Formia, “Formianum” Atti del Convegno IX-2001, Caramanica Editore 2021 (ISBN 978-88-7425-326-5), pp. 11-38.
Didascalie delle immagini 1-3) Viste della platea (Fototeca Ciccone): con la scogliera riaffiorata sullo scorcio degli anni 1970; nel lato occidentale con l’antico raccordo alla via; in asse alla via antica a monte, con fronte in opera reticolata e parziale rinfianco. 4) Pianta sommaria della platea romana (Ciccone 1979). 5) I ruderi della platea a sinistra e la scogliera in una cartolina anni 1920-30