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domenica 17 luglio 2022

Nuovi lavori nella Villa Romana di Mamurra a Formia - di Salvatore Ciccone
Sul promontorio di Giànola compreso nel Parco regionale naturale “Riviera di Ulisse, risultano ultimati i lavori per la protezione e la fruibilità al pubblico della villa romana tardo repubblicana attribuita a Mamurra. Per il pubblico si tratta di una notizia e di una attrattiva variamente sentita secondo le specifiche sensibilità e competenze. Per me suscita un coinvolgimento del vissuto e della professione di architetto; un percorso iniziato nientemeno da bambino, nel sentire favoleggiare di streghe, di 36 colonne a mare, luoghi in seguito esplorati all’inizio degli anni 1960 con mio padre e i suoi amici sulle orme di Pasquale Mattej, il quale più di cent’anni prima scrisse di questi ruderi, producendo una ammaliante pianta dell’edificio ottagonale detto “Tempio di Giano”; quindi rivisitati insieme a quelli che comporranno l’Archeoclub di Formia e che mi precedevano negli studi universitari di architettura. Allorché mi apprestai alla tesi di laurea la scelta del tema fu inevitabile come pure l’incidente che, nel rilevare la pianta dell’edificio ottagono, mi invalidò l’occhio sinistro con oltre venti giorni di ospedale e un condizionamento a vita. Ciò nonostante, allo sconforto fu di aiuto Giuseppe Zander allora professore nella mia facoltà di Roma e architetto a capo dell’ufficio tecnico di San Pietro in Vaticano. Lui estasiato dai risultati che avevo prodotto volle essere mio Relatore e fu così che mi potei laureare guadagnandomi il massimo dei voti. Egli poi mi pressò per la pubblicazione del lavoro sulla rivista specializzata “Palladio” sotto egida del CNR ed edita dal Poligrafico dello Stato e ciò lo fece fino a darmi un ultimatum con una lettera che gelosamente conservo e che prima o poi pubblicherò. Riuscì nell’intento e nel 1990 l’articolo finalmente venne dato alle stampe, ma egli non lo potette leggere: morì poco prima nello stesso anno. Verso la metà degli anni 1990 il Presidente del Parco regionale di Giànola e Monte di Scàuri, “Mimmo” Villa mi considerava suo consulente per l’area archeologica. Riuscì ad acquisire nove ettari del complesso ruderale digradante verso il mare e al suggestivo paesaggio del golfo di Gaeta, avviando opere conservative anche a più riprese sulla scala coperta da volte c.d. Grotta della Janara (strega), sulla cisterna c.d. Trentasei Colonne e sulla “cisterna maggiore” quale punto di accoglienza. Quest’ultima fu il mio primo banco di prova nella progettazione e direzione lavori le quali, in due distinti finanziamenti, nel 2002 e 2004, hanno condotto al recupero del monumento preservandone la specifica caratteristica di inserimento ambientale distintivo di questa area archeologica e dello stesso Parco Regionale Naturale. In questo percorso susseguirono altre mie numerose pubblicazioni in volumi e collane, nonché per lo stesso Parco, riguardo alla evoluzione degli studi interpretativi del complesso architettonico. Il monumento più significativo rappresentato dal c.d. Tempio di Giano, una specie di ninfeo a pianta ottagonale al vertice della villa, ridotto ad un cumulo di rovine durante il secondo conflitto, rimaneva inaccessibile e in questa condizione il più esposto al degrado e alla dispersione. Ad un primo progetto preliminare, solo nel 2010, già deceduto Mimmo, il Parco divenuto ampliato “Riviera di Ulisse” dispose per il suo recupero di fondi europei per un milione di euro e indetto un concorso nazionale al quale ho partecipato con la collaborazione dell’ingegnere Orlando Giovannone e aggiudicato in testa ad altri concorrenti. Ad un più estenuante preparativo progettuale e di accordi con la Soprintendenza ai Beni Archeologici, finalmente i lavori iniziarono nel 2014. Subito alle prime opere sono affiorati pregevoli reperti marmorei, quali teste ritratto e sculture di soggetto mitologico di una fase medio imperiale, oggetto di cure e di una mostra dell'Istituto Centrale per il Restauro in San Michele a Roma, ora in parte esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Formia. L’andamento dei lavori fu contrassegnato da inevitabili rallentamenti e varianti in corso d’opera provocate da imprevedibili situazioni che si presentavano nell’ammasso di rovine, non ultima l’obbligata prospezione di ordigni bellici. Fu comunque raggiunto l’obiettivo di mettere in chiaro un settore dell’edificio fino a tutta la sala ottagona centrale. In più venne scavato tutto l’imponente collegamento tra l’edificio e la villa sul lato mare e questo facendo economia sulle opere senza ulteriore dispendio. Alla scoperta di molte sculture ancora da interpretare, vennero in luce anche i resti discosti di una chiesetta almeno di IX secolo e acquisito che nella sala ottagona sgorgasse una sorgente che motivava questo edificio, nel quale era pure associata una estrema funzione sepolcrale. Come dalle indicazioni imposte dalla Soprintendenza l’area dell’edificio avrebbe avuto la caratteristica di cantiere in evoluzione e visitabile, così era stato predisposto con una copertura provvisoria a tubi e giunti e atta a resistere all’azione del vento qui marcata, nonché resa praticabile con un percorso montante dalla parte inferiore fino all’interno della parte scavata. I percorsi esterni erano in terra battuta con transenne di castagno, nel più attento rispetto dell’area naturale e dell’inserimento in essa dei ruderi, cioè senza imposizione di elementi di arredo autoreferenziali che avessero in qualche modo potuto distogliere se non sconvolgere questa particolare simbiosi di natura e storia. Terminati i lavori nel 2016, vana è stata l’attesa di una apertura al pubblico pienamente legittimata dal compimento a regola d’arte delle opere, finché non è intervenuta la modificata “Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone Latina e Rieti” del Ministero per i Beni le Attività Culturali e Turismo. Le opere con progetto d’ufficio e finanziate dal Ministero per complessivi 800mila euro, dal 2020 hanno consistito nella sostituzione della copertura provvisoria sulla parte scavata dell’edificio ottagonale e si estendono con la percorrenza pedonale a comprendere entro una recinzione metallica un’area di circa 10.000 metri quadrati includente la cisterna “Trentasei Colonne” e la scala voltata “Grotta della Janara”. I percorsi sono rappresentati da un duecento metri lineari di viali della larghezza di circa 2 metri con più ampi piazzali susseguenti, realizzati con struttura di calcestruzzo a ciglio rialzato in ambo i lati integrati da transegne di legno, talvolta raddoppiati a senso obbligato dagli ingressi. È auspicabile che all’impegno così oneroso corrisponda un nuovo interesse verso questa area archeologica, nel proseguire le indagini e soprattutto nel comunicarne i valori, le acquisizioni scientifiche, ben oltre la esibizione dell’arredo.
Didascalie Immagini: Veduta dall’alto con la sistemazione della restante area ruderale e tre immagini della parte scavata dell’edificio ottagonale con la copertura del cantiere visitabile prodotta nel 2016 dal progetto Ciccone – Giovannone.

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