Cerca nel blog

Etichette

lunedì 21 novembre 2022

DILUVI SUL PAESAGGIO DI FORMIA - di Salvatore Ciccone
Di recente nel territorio di Formia si registrano fenomeni alluvionali a corti intervalli e particolare violenza. Le “bombe d’acqua” sono ormai temibili per l’effettiva quantità della precipitazione in un breve lasso di tempo e per concentrazione. È questo sicuramente un effetto dei cambiamenti climatici, tuttavia i fenomeni amplificati evidenziano gli squilibri apportati da una improvvida espansione urbana. Pesanti alterazioni dei livelli del suolo, incremento abnorme di piccole e grandi coperture, distese di piazzali e nastri d’asfalto, raccolgono l’acqua delle piogge senza un commisurato sistema di smaltimento, andando direttamente ad alimentare piccoli scoli e torrenti che inevitabilmente straripano e furiosamente devastano ogni cosa. Al suolo è impedita la sua naturale permeabilità e di assorbire parte delle piogge, capacità tanto più elevata quanto maggiore è la copertura vegetale fino a quella massimamente evoluta a bosco, le cui chiome ammortizzano e distribuiscono nel tempo l’impatto delle precipitazioni. Se così fosse sulle nostre colline e montagne, dai rubinetti non verrebbe acqua terrosa e che è quella che scivola tra le nude rocce intercalate da poca terra, privata di vegetazione da ostinati incendi, che poi si infiltra inquinando le falde… Quanto accade è responsabilità di un modello di società che nello “sviluppo” è discriminante all’ambiente, usando scorciatoie e paradossi tecnologici, negli ambiti di scarsa cultura concretizzato nell’edilizia scadente almeno nei confronti del rispetto del territorio. Così si osserva l’avanzare informe della città sulla terra abbandonata, incolta e bruciata per la quale l’unica soluzione attesa di ricchezza consiste nel ricoprirla di cemento e di asfalto. I fenomeni alluvionali hanno quindi evidenza dove l’uomo vuole strappare alla natura i propri spazi senza osservare le leggi di quella, tanto semplici quanto imprescindibili. Anche nel passato Formia è stata vittima di alluvioni e dissesti idrogeologici. Tra i più recenti sono quelli procurati col passaggio della ferrovia, la cui sede ‘a riporto’ imposta ai piedi del monte di Mola ha impedito il naturale deflusso delle acque fino a causare instabilità di edifici in via della Conca: si dovette consolidare il suolo con una complessa ‘palificata’ di cemento armato. I più anziani ricorderanno le colate di fango che da via Cassio presso il “Cimitero vecchio” giungevano ad invadere piazza Santa Teresa, rimosse poi con improvvisate squadre di spalatori: erano dovute dall’accumulo dell’acqua sul fianco a monte della ferrovia e che in supero si riversava nella strada. Questa parte della città è testimone di più antiche alluvioni, come si è potuto constatare nei vari scavi edilizi all’incrocio tra via Rubino, via Nerva e XXIV Maggio dove i reperti si sono trovati sepolti a considerevole profondità. La possibilità di documentare meglio questa condizione si è avuta con l’apertura della trincea per il collettore fognario in via Vitruvio nel 1998-2000 e che ho seguito per conto della Soprintendenza Archeologica del Lazio. In particolare nella zona della “Quercia” delle strutture romane che contenevano il salto di quota sull’insenatura portuale, si sono trovati colmati con un terreno compatto e scuro spesso circa quattro metri e tutto di composizione omogenea, il quale quindi privo di alterne stratificazioni testimoniava una vera e propria colata di fango. Simile situazione si è manifestata procedendo fino in corrispondenza di piazza Della Vittoria, dove già si sapeva che un pari spessore ricopriva le volte di un criptoportico e quasi schiacciato sotto l’enorme peso; invece nel livello più alto della costruzione intercettato dalla trincea, nella colmatura alluvionale delle stanze sono affiorate sepolture con vasellame databile intorno al VI-VII secolo dopo Cristo. Il fenomeno si è ugualmente evidenziato nel parziale scavo dell’anfiteatro compiuto dalla Soprintendenza Archeologica nel 2011. L’edificio è apparso sepolto sotto una analoga ingente massa alluvionale tanto da determinare il verso di frammenti strutturali. I fusti di colonne che componevano il portico di coronamento che proteggeva le gradinate di legno, sono apparse abbattute e dirette verso il mare, come sospese sopra l’ambito dell’arena: trovati anche frammenti dei capitelli, alcuni dei quali “corinzieggianti” in precedenza recuperati sono presso il Museo. Insomma appare chiaro che Formia fu vittima di una eccezionale colata alluvionale sul tipo di quella recente d Sarno, in entrambi i casi per liquefazione e smottamento del terreno dalla montagna a ridosso: il monte di Mola infatti presenta un doppio profilo più acclive nella parte bassa, certamente favorevole all’insorgenza del fenomeno. Quando e perché ciò è avvenuto appaiono interrelati: l’epoca di quelle sepolture annovera fatti storici che sicuramente hanno condotto alla decadenza della Città, dalla guerra Greco-Gotica ai Longobardi. Ciò deve aver condotto all’abbandono e incuria dei terreni o all’incendio di un bosco ceduo, privando il terreno di solidità che a fronte di abbondanti precipitazioni è scivolato invadendo la città; questo sarebbe comprovato dall’abbondanza di reperti non soggetti a spoliazione, evento che potrebbe aver maggiormente determinato il suo declino. Questo suolo soprastante le strutture, stanze e pavimenti, infiltrato dall’acqua delle colline, facilmente si impantanava e si chiarisce perché fu successivamente caratterizzato da estensiva coltivazione degli agrumi, piante cui necessita un terreno costantemente pregno d’acqua. L’area dell’antica città declive verso il mare fu ridotta a giardino persino versando terra sopra le sostruzioni a volta delle ville, uniche ad apparire dal seppellimento sulla riva contesa dal mare. Appare evidente come nel paesaggio, determinato da fattori naturali e umani, le alluvioni siano in ogni modo influenti nella nostra vita e le loro cause necessariamente da prevenire e certo non da incentivare. A ciò vale l’opera di divulgazione e sensibilizzazione nella popolazione attraverso i media, in cui i fatti storici come quelli qui appena accennati costituiscono tangibile prova. Nel raggiungimento di questo obiettivo è l’istituzione delle riserve naturali protette, le quali hanno lo scopo di conservare ambiti equilibrati di natura e di cultura ed anzi incentivarne le attività ad essi congeneri, assicurandoli alla pubblica godibilità e esemplari all’apprendimento di un adeguato rapporto tra sviluppo e ambiente alternativo all’imperante cementificazione; però esso stesso è insidiato da incompetenza e manifestazioni di potere: il principale diluvio sul paesaggio di Formia.
Didascalie delle immagini 1. veduta aerea dello scavo dell’Anfiteatro con l’ingente seppellimento evidenziato dalle opere di provvisorio contenimento. 2. Stanza decorata in finte lastre di marmo (Primo Stile) affiorata dal sedimento alluvionale in via Vitruvio presso piazza Della Vittoria. 3. Veduta della parte centrale dell’area archeologica nell’Area naturale protetta del Parco regionale “Riviera di Ulisse”.

1 commento:

  1. https://www.temporeale.info/127658/argomenti/attualita-argomenti/formia-inaugurazione-villa-di-mamurra-la-velenosa-polemica-sollevata-dallarchitetto-salvatore-ciccone.html?fbclid=IwAR06Nk9Ugl63mHCj1VyNjTopfjZ3xwE84HdFPbipULZq0j0clIPcTmAB7WQ

    RispondiElimina