Cerca nel blog

Etichette

sabato 5 novembre 2022

IL PAESAGGIO DEL “FORMIANUM” DI CICERONE - di Salvatore Ciccone
Negli ultimi due articoli che ho qui pubblicato, riguardo la chiesa incognita sulla via Appia e la via Olivella, emerge il valore e il significato del paesaggio, vale a dire l’insieme dei fattori ambientali intrecciati a quelli della cultura materiale e immateriale di un popolo a costituire l’identità di un “paese”; è scambiato con il panorama che di esso rappresenta solo un’ampia parte visibile. Attualmente le dinamiche di progresso prevalgono a snaturare se non distruggere l’essenza dei paesaggi e ovviamente devastandone i panorami, usando pretenziose soluzioni “urbanizzanti” ed enucleando dai contesti solo quegli elementi giudicati di valore per lo stesso sviluppo economico. Esempio emblematico per Formia fu l’attraversamento della via Litoranea su uno dei tratti di costa urbana più belli d’Italia: ciò fu possibile con la strada progettata come asse di un parco archeologico per accedere alle aree monumentali, devastandole e poi rese indisponibili; una distorsione asservita al gretto utilitarismo col benestare dell’allora Ministero della Pubblica Istruzione! In base a questo temo l’evolversi di idee e progetti di “passeggiate” sulla costa archeologica cittadina, che se anteposte sul mare ne terminerebbero le caratteristiche superstiti e irripetibili. Non di meno temo il concepimento di raccordi viari a servizio del porto di Gaeta, ad investire una delle zone più belle del territorio di Formia: la valle di Pontone retrostante la costa di Vindicio, attraversata da uno dei più rinomati tratti della via Appia antica risaltata dalla celebre Tomba di Cicerone. Non sono tranquillo e non dovrebbero esserlo tutti i cittadini formiani, riguardo alla protezione e al controllo di queste risorse da parte degli uffici preposti, considerando i trascorsi ed anche l’attualità come nell’area archeologica di Giànola con opere che chiunque potrà giudicare. La mia opinione è che Formia da tempo sia considerata come ‘porto franco’ per ogni azione altrove non accettabile e consentita in un acritico automatismo burocratico. Non è il caso di risalire alle cause di ciò, ma credo e anzi voglio credere ancora che si possa fermare questo scempio muovendo l’interesse dei nativi e non, per essere orgogliosi di vivere questo territorio nella sua più completa dimensione e prospettiva per sé e per i propri discendenti; quindi non basta infondere curiosità, ma si deve comprendere il valore dell’insieme e soprattutto sentirlo proprio. Dunque il paesaggio della via Appia nella piana di Pontone (fig. 1). Esso è stato ammirato e descritto tra i più belli dai viaggiatori del Grand Tour che da tutta Europa e dal settentrione della Penisola da Roma si portavano a Napoli. Nel lungo percorso nella piana di Fondi e poi per l’angusto valico di Sant’Andrea alla valle di Itri, improvvisamente gli si spalancava il Golfo di Gaeta: lo vedevano presso la Tomba di Cicerone in un unico scenario emblematico di storia e natura, rievocante le origini mitiche e le glorie della romanità nello sfondo partenopeo ravvisato dal fumante Vesuvio. Questa visione viene efficacemente restituita in una stampa incisa da William Brockedon (1787-1854) nello “Illustrated Road Book from London to Naples” del 1835 (fig. 2), dove il suo commento puntualizza il monumento costruito nel luogo dove Cicerone venne ucciso dai mandatari di Marco Antonio il 7 dicembre del 43 prima di Cristo. Questa identificazione è riportata da altri autori, i quali riferiscono di una viuzza accostata al sepolcro che giungeva al mare e sulla quale sarebbe avvenuto il delitto: in effetti parte di questa stradina lastricata appare inclusa e sepolta nel recinto funerario. Nell’immagine appaiono due elementi di apparentemente fantasia: in primo piano delle agavi sul bordo viario e il monumento come torre difensiva. Le agavi in effetti c’erano e lo dimostra una fotografia in simile vista di primo Novecento (fig. 3), ciò che riporta alla veridicità della torre. Quest’ultima specificità si coglie nella prima immagine del monumento (fig. 4), nell’unica incisione a corredo del volume “Osservazioni critiche sopra la Storia della via Appia di Don Francesco Maria Pratilli”, edito a Napoli nel 1754, scritto dal dotto Erasmo Gesualdo di Gaeta. Egli dice di averne chiesto il disegno al celebre pittore conterraneo Sebastiano Conca (1680 – 1764), ma l’incisione è siglata da Giuseppe Vasi (1710 –1782), architetto corleonese famoso per le sue vedute di Roma, ove morì. Qui la torre appare con le esplicite caratteristiche difensive, merlatura su beccatelli e un piccolo edificio sulla sommità. Ciò rispecchia la stessa denominazione di allora, Torre di Cicerone, con l’evidente impiego di sorveglianza di quel transito importante in rapporto al castello di Gaeta, probabilmente riadattata durante il periodo Aragonese, circa dalla metà del Quattrocento. Ma l’illustrazione Conca-Vasi è anche unica nel dare una visione del sito distinto dalle testimonianze connesse a Cicerone. Difatti a monte dell’Appia sono contemplati altri ruderi tra i quali spicca sulla prospiciente collina quella che la tradizione indica “Tomba di Tulliola”, la figlia dell’Oratore morta di parto. Gesualdo vuole che questo sepolcro sia quello vero di Cicerone facendo anche leva sul discutibile ritrovamento dell’iscrizione “Acerba Ara” da lui relazionata all’aspra morte di quello e al nome stesso della collina, Acerbara. In realtà in nome è Acervara deriva dal latino “acervus”, mucchio, cumulo, riferibile al rudere composto da più elementi ravvicinati. Questo monumento funerario è altresì specificatamente illustrato da Carlo Labruzzi nel 1789 e da Pasquale Mattej nell’illustrazione di un suo articolo sul “Poliorama Pittoresco” del 1837 (fig. 5): questi ricolloca la tomba di Cicerone e per il sepolcro rupestre riporta la notizia del ritrovamento nel Quattrocento di una mummia di donna, da una iscrizione identificata in Tullia, figlia di quello. Un altro disegno di Labruzzi, della stessa serie presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, raffigura la tomba di Cicerone dove in alto sulla collina allora boscosa appare l’altra di “Tulliola” (fig. 6): sulla sommità del primo appare un casotto traforato, inconfondibile piccionaia atta alle comunicazioni militari. La sedimentazione storica di questo paesaggio oggi si arricchisce di significati e nel pregio da nuove acquisizioni scientifiche di una più probabile per non dire certa appartenenza al “Formianum” di Cicerone. La sua villa è dagli antichi collocata parte sul mare e parte in altura e che ben si adatta alla zona di Pontone-Vindicio, dove è attendibile il monumento celebrativo: nell’anno 954 l’Ipata di Gaeta Docibile II vi annovera nel suo testamento un “vico ciceriniano”, cioè la villa di Cicerone. Pensare ora quella valle contrassegnata dal podere e dal sepolcro di quell’uomo illustre in tutto il mondo sconvolta per sempre da opere tanto inopportune quanto altrove collocabili, renderebbe nel paesaggio veramente tangibile l’identità di un popolo, ma nella barbarie. (Sulla villa e la Tomba di Cicerone si veda dell’Autore in “Formianum”, Atti del Convegno IX-2001) Didascalie delle immagini
1 - La piana di Pontone e la Tomba di Cicerone all’inizio degli anni 1960 (foto di P. G. Sottoriva). 2 – La veduta della via Appia presso la Tomba di Cicerone realizzata da Brockedon nel 1835. 3 – La via Appia e la Tomba di Cicerone nel primo Novecento (coll. R. Marchese): in primo piano, agavi. 4 – Stampa nell’opera di Gesualdo del 1754: a destra la Tomba di Cicerone, sulla collina quella di “Tulliola”. 5 – La Tomba di Tulliola raffigurata da Mattej nel “Poliorama Pittoresco” del 1837. 6 – La Tomba di Cicerone disegnata da Labruzzi del 1789: in alto a sinistra la Tomba di Tul

1 commento:

  1. Molto interessante come tutti gli articoli dell' architetto Ciccone. Una lezione di storia ma anche una riflessione sulla pessama gestione del nostro patrimonio paesaggistico e culturale. Grazie

    RispondiElimina